In Italia, il 31,56% dei giovani svolge un “lavoro di routine”, che non richiede l’utilizzo di competenze specifiche, e il 15,13% ha un’occupazione che comportava uno scarso apprendimento legato al lavoro. E’ quanto riferisce l’Ocse nell’ultimo Rapporto su Giovani competenze e occupazione pubblicato oggi.
Il nostro Paese è in particolare quello con la più elevata percentuale di giovani tra i 16 e i 29 anni che non hanno alcuna esperienza nell’uso del computer sul posto di lavoro, con il 54,3%, a fronte di una percentuale di giovani che non usano mai il computer ferma al 3%.
La ‘mancata corrispondenza’, o ‘mismatch’, tra posto di lavoro e competenze è un problema sempre più diffuso tra i giovani nei Paesi Ocse: in media, il 62% hanno un lavoro che non corrisponde alla loro formazione, con in particolare un 26% di sovraqualificati (il 14% dei quali lavora inoltre in un settore che non sarebbe il suo), e un 6% di persone con competenze superiori a quelle richieste.
L’Italia, inoltre, è il Paese Ocse con la maggior percentuale di giovani in età lavorativa (16-29 anni) e adulti (30-54) con scarse competenze di lettura, rispettivamente il 19,7% e il 26,36%.
In generale, riferisce la tabella Ocse per la misurazione dell’ “occupabilità” dei giovani, il nostro Paese è al di sotto della media per le competenze dei giovani, i metodi di sviluppo di queste competenze negli studenti e la promozione del loro utilizzo sul posto di lavoro.
L’Italia è seconda tra i paesi Ocse per percentuale di giovani under 25 che hanno abbandonato la scuola prima di aver terminato le superiori, e non stanno seguendo un’altro tipo di educazione, il 17,75%, dietro la Spagna con il 23,21%.
L’abbandono scolastico, rileva sempre l’Ocse, ha un impatto significativo rilevante sul livello di competenze: se si considera per esempio la matematica, la percentuale di persone con competenze insufficienti è del 58,5% tra chi non ha terminato le superiori, e scende al 27,7% per chi ha ottenuto un diploma.
“I dati dell’Ocse confermano ancora una volta il grande scollamento tra il mondo della formazione e quello del lavoro. Scuola e imprese – commenta Sergio Silvestrini, Segretario Generale della CNA – rimangono due universi paralleli e troppo spesso non comunicanti, con la conseguenza che i ragazzi entrano nel mercato del lavoro da un lato impreparati, dall’altro impossibilitati a sfruttare al meglio le loro potenzialità. La scarsa esperienza nell’uso del computer, ma anche nella lettura, è, inoltre, indice di un gap culturale che, in un mercato globale, rischia di penalizzare fortemente i nostri giovani, già nelle ultime posizioni per livello occupazionale. E’ necessario rendere più stringente la relazione scuola-lavoro, per far sì che la preparazione dei nostri ragazzi sia propedeutica al loro ingresso nel mercato del lavoro, rendendo al contempo la scuola più attrattiva, capace di dare risposte concrete anche contro il gravissimo fenomeno dell’abbandono”.