La rivoluzionaria tecnica di editing genomico CRISPR permetterà di migliorare la resa del grano, una delle più importanti colture destinate all’alimentazione umana.
Questa la speranza dei genetisti del grano, come spiega in questa intervista Cristobal Uauy, project leader al John Innes Centre di Norwich in Gran Bretagna.
La maggior parte degli abitanti del mondo mangia in media 50 piante di grano al giorno. Continuando con i ritmi attuali, la produttività di questo cereale non terrebbe il passo con la crescita demografica e l’evoluzione dei consumi. Per fortuna il grano conserva un potenziale biologico nascosto ancora da sfruttare e ci sono tecnologie emergenti che promettono di velocizzare il miglioramento genetico.
A rendere ancora più eccitante la nuova stagione biotech è l’arrivo di CRISPR, la piattaforma tecnologica che consente di editare, ovvero di riscrivere, i genomi cambiando a piacimento la sequenza delle lettere. Abbiamo chiesto a Cristobal Uauy, project leader al John Innes Centre di Norwich in Gran Bretagna, di raccontarci le sfide e le speranze dei genetisti del grano alle prese con questa rivoluzione.
l suo lavoro ha lo scopo di identificare i geni coinvolti nella produttività del grano e accelerare lo sviluppo di nuove varietà. Cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro?
L’editing genomico è arrivato nel momento perfetto per il grano. Un’iniziativa internazionale ha sequenziato il genoma completo del frumento tenero usato per fare il pane, e l’Italia ha guidato il sequenziamento del frumento duro usato per fare la pasta. Ora abbiamo tutti i pezzi del puzzle ma dobbiamo metterli insieme. L’editing genomico è una tecnologia chiave, perché ci offre un metodo sperimentale per mutare e studiare i geni in modo mirato.
Il grano ha delle peculiarità che rendono CRISPR particolarmente utile?
È una pianta poliploide. Il fatto che ci siano 3 copie di ogni gene è una complicazione che questa tecnologia ci consente di affrontare alterando la funzione di tutte e tre le copie in una singola pianta. Questo è molto importante perché mutare una singola copia non fa alcuna differenza per la pianta, se questa può compensare la mutazione con le altre due copie rimaste, continuando a funzionare come se nulla fosse.
Per vedere un effetto in molti casi è necessario alterare tutte e tre le copie e l’editing genomico va proprio in questa direzione. Man mano che capiamo come i geni vengono regolati nelle piante poliploidi sarà possibile anche modificare l’espressione dei geni in certi tessuti o in determinati momenti dello sviluppo. Questi approcci ci consentiranno di imparare come funziona il grano e sviluppare delle strategie per potenziare la sua resa in campo.
Perché la produttività del grano cresce meno di quella di altri cereali? È colpa della poliploidia?
In linea di massima grano e riso sono su una traiettoria comune e stanno andando verso un plateau, mentre la resa del mais continua a crescere. Si può sostenere che questo abbia a che vedere con l’entità degli investimenti che sono maggiori per il mais rispetto a riso e grano. Non penso che la poliploidia di per sé stia limitando le rese ma ha influenzato il modo di lavorare dei breeder, gli specialisti degli approcci classici di incrocio e selezione, imponendo strategie diverse rispetto a quelle usate per le specie diploidi, che hanno due copie di ogni gene.
In termini tecnici, per il grano i breeder hanno selezionato quelle variazioni che sono dominanti e dunque capaci di manifestarsi in tutti e tre i genomi in una volta sola (per esempio agendo sul segnale che innesca la fioritura). Invece nelle specie diploidi i breeder hanno spesso selezionato tratti recessivi, perché basta inattivare una copia del gene perché l’altra manifesti i suoi effetti. La novità eccitante, quindi, è che con l’editing genomico adesso possiamo generare variazioni recessive anche nel grano.
Si pensa che molti geni che controllano la resa siano dei regolatori negativi, che funzionano come freni molecolari impedendo ai chicchi di diventare più grandi. L’editing genomico allenterà i freni?
Sarà molto utile per disinserirli. Anche questi freni sono in triplice copia e bisogna agire su tutte e tre le copie per avere un effetto. L’editing genomico ci consentirà di farlo in modo coordinato e preciso in un colpo solo.
È ricerca di base o ricerca applicata?
Penso che sia semplicemente scienza. Non mi piace molto separare ricerca di base e applicata perché le applicazioni sono una conseguenza della buona scienza e del tempo. Molte delle grandi svolte tecnologiche non sono emerse dalla scienza applicata ma dalla curiosità scientifica che poi ha portato all’applicazione. È così che sono arrivati CRISPR, il sequenziamento di ultima generazione e altre tecnologie. Disinserendo i freni si avranno risultati pratici di immenso valore per i breeder e i coltivatori, ma allo stesso tempo potremo fare della bellissima scienza.
Quanto tempo ci vorrà per passare dai laboratori ai campi?
L’editing genomico è tecnicamente molto semplice e sembra un sistema universale. Questo sta consentendo a molti ricercatori di applicarlo in un buon numero di piante a un costo modesto. Tuttavia il breeding e l’impatto nel mondo reale sono imprese di lungo periodo. Bisogna considerare, tra le altre cose, che i geni mutati devono essere trasferiti con il re-incrocio in varietà adattate alle condizioni locali e le linee ottenute devono essere valutate in campo per due o tre anni, come si fa normalmente nella maggior parte dei programmi di breeding. Se in futuro si potrà fare l’editing direttamente nelle varietà locali che hanno già buone prestazioni, questo velocizzerà molto il processo. Attualmente ci sono dei limiti ma si tratta di un settore in rapida evoluzione.
Quale nuove varierà le piacerebbe sviluppare?
Sarebbe bello avere piante di grano che, oltre a essere nutrienti e produttive, siano capaci di crescere nel modo più sostenibile possibile, e dunque adatte a metodi di coltivazione che permettono un uso più efficiente dell’acqua e dei nutrienti, e anche un ridotto consumo di pesticidi. Sono caratteristiche complesse e molte volte sono in contrasto fra loro, tuttavia sono ottimista. Penso che faremo passi avanti significativi in questi tratti che hanno tutti una componente genetica ma richiedono anche una collaborazione con altre discipline come l’agronomia per assicurare che il potenziale genetico si realizzi nei campi coltivati. Il mio sogno dunque è comprendere i fattori genetici che controllano questi tratti, capire come interagiscono nella pianta e come sono influenzati dall’ambiente.
Che margine di miglioramento c’è per la qualità del grano?
È fondamentale puntare sulla qualità di processo, per fare una perfetta pasta al dente, ma anche sulla qualità nutrizionale, per assicurare che il grano che mangiamo sia ricco dal punto di vista dei nutrienti. L’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera è associato con una diminuzione del contenuto in nutrienti. La variazione naturale di micronutrienti come il ferro però è limitata, e per rimediare potrebbe essere utile l’ingegneria genetica e anche l’editing genomico.