Appalti, in arrivo regole più leggere per i lavori sui beni culturali
Il Consiglio di Stato dà il via libera al decreto, ma chiede più chiarezza su qualificazione e livelli di progettazione
Si potrebbero allentare i requisiti per partecipare alle gare per la realizzazione di lavori sui beni culturali. Il Consiglio di Stato, col
Cons. St., comm. spec., 30 gennaio 2017, n. 263 ha dato il via libera al decreto varato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact) in attuazione del Codice Appalti .
La norma prevede regole meno stringenti sulla qualificazione degli operatori che possono partecipare alle gare e sui livelli di progettazione. Disposizioni che potrebbero sembrare in contrasto col Codice Appalti, ma che in buona misura dipendono dalla specificità e particolarità del settore. Anche se, precisano i giudici, è necessario operare i dovuti chiarimenti.
Lavori sui beni culturali e qualificazione
Il nuovo decreto del Mibact non prevede nessun limite temporale per l’utilizzo dei lavori pregressi ai fini della qualificazione. Il DM 294/2000, con cui sono stati definiti i requisiti degli esecutori dei lavori di restauro e manutenzione dei beni architettonici, faceva invece riferimento al quinquennio anteriore alla sottoscrizione del contratto.
Per quanto riguarda l’importo dei lavori, la disciplina del 2000 chiede un importo complessivo non inferiore al 90% dell’importo della classifica per cui è chiesta la qualificazione. Il nuovo decreto propone invece di far scendere questa soglia al 70%.
Si tratta di modifiche sostanziali che, sostiene il Consiglio di Stato, andrebbero spiegate in modo adeguato anche perché sembrano in contrasto con le regole imposte per i lavori di importo inferiore a 150mila euro. In questi casi, nonostante il carattere più modesto dei lavori, si continua a chiedere una pregressa esperienza nell’ultimo quinquennio.
Lavori sui beni culturali e livelli di progettazione
Il nuovo decreto, sottolinea il CdS, prevede che l’affidamento dei lavori riguardanti i beni culturali è disposto, di regola, sulla base del progetto esecutivo, ma sono specificati anche i casi in cui può bastare il progetto definitivo.
Analogamente, il decreto ammette l’integrazione della progettazione in corso d’opera se il responsabile unico del procedimento accerta che la natura e le caratteristiche del bene, o che il suo stato di conservazione, sono tali da non consentire l’esecuzione di analisi o rilievi esaustivi.
Per non rischiare di incorrere in deroghe non consentite al Codice Appalti, il CdS chiede che siano fornite spiegazioni ulteriori utili a provare la specificità del settore.
Il Consiglio di Stato ha chiesto infine di spiegare meglio in cosa consiste il progetto di fattibilità e per quali interventi va compilata anche la scheda tecnica. Secondo il CdS, dal decreto sembra che la scheda tecnica sia richiesta per tutti i lavori su beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesso storico. Questo sarebbe però un adempimento aggiuntivo, in contrasto con lo spirito di semplificazione del Codice Appalti, per cui bisognerebbe operare una selezione degli interventi.
Il Mibact dovrà ora decidere se recepire le richieste di modifica avanzate dal Consiglio di Stato.
IL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50
► Il Consiglio di Stato ha reso il parere sulle Linee guida Anac sugli affidamenti in house
Cons. St., comm. spec., 1 febbraio 2017, n. 282
Cons. St., comm. spec., 30 gennaio 2017, n. 263