Qualificazione delle stazioni appaltanti? Ribassi anomali? Innalzamento della soglia sotto la quale gli appalti possono essere affidati con procedura negoziata e senza gara? Appalto integrato? Nulla di tutto questo. Il problema principale degli appalti pubblici in Italia, secondo alcuni, sembrano essere i limiti al subappalto che il Dlgs 50/2016 attualmente in vigore prevede e che, sempre secondo alcuni, andrebbero aboliti.
Sul tema, l’ineffabile Commissione Europea ha pensato bene di inviare al Governo italiano una lettera nella quale si contesterebbero i limiti al subappalto contenuti nell’art. 105 del Codice, ovvero il tetto del 30% al subappalto calcolato sull’intero importo del contratto, norma che tra l’altro impedirebbe, giustamente, all’appaltatore principale di qualificarsi anche attraverso i lavori affidati in subappalto ed in quanto tali svolti da altri.
Il motivo? La solita sterile litania su una presunta violazione delle regole comunitarie in materia di concorrenza: “C’è da dire – rileva Carmine Battipaglia, Presidente di CNA Installazione Impianti – che siamo in buona compagnia, dato che la lettera, che anticipa una procedura di infrazione, è stata inviata anche ad altri 14 paesi membri dell’Unione. Chi è dunque da sanzionare? Mezza Europa o chi vorrebbe favorire le cosiddette “scatole vuote” penalizzando le imprese dei settori specialistici? La pretestuosità dell’azione della Commissione – prosegue Battipaglia – si fonda su alcune interpretazioni di comodo della Direttiva Europea 2014/24 che, pur non prevedendo espressamente die limiti al subappalto, neanche li esclude”.
Ed in effetti tutto questo riferirsi alle Direttive Europee per giustificare il subappalto senza limiti sembra avere, come le bugie, le gambe corte anche perché la possibilità per un appaltatore di potersi servire delle capacità e delle specializzazioni di altre imprese, compreso il subappalto, è ben presente nella disciplina comunitaria, anche se c’è qualcuno che fa finta di non accorgersene. La tanto citata Direttiva 2014/24/UE, all’art. 71 infatti specifica chiaramente che l’amministrazione aggiudicatrice “può chiedere (…..) all’offerente di indicare nella sua offerta le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti”.
Ed il Consiglio di Stato, tanto per restare in Italia, nel parere 855/2016 ha inequivocabilmente consentito i limiti al subappalto affermando che tali limiti “non costituirebbero un ingiustificato goldplating, ma sarebbero giustificati da pregnanti ragioni di ordine pubblico, di tutela della trasparenza e del mercato”. Inoltre, sempre il Consiglio di Stato fa rilevare che è proprio la Direttiva 2014/24, a differenza delle Direttive precedenti, a consentire agli Stati membri “di dettare una più restrittiva disciplina del subappalto “ e che “ le limitazioni quantitative al subappalto, previste dal legislatore nazionale non sono in frontale contrasto con il diritto europeo”.
“Nell’ottica di una revisione del Codice Appalti – sottolinea il Presidente degli impiantisti CNA – per le imprese impiantistiche sono dirimenti sia la necessità di mantenere inalterato il tetto del 30% al subappalto, calcolato sull’intero importo del contratto, che l’impossibilità per l’appaltatore di qualificarsi anche attraverso i lavori affidati in subappalto. Deve essere chiaro – continua – che adottare soluzioni diverse significherebbe solo ed esclusivamente favorire quelle ‘scatole vuote’ che hanno contribuito non poco ad inquinare e dequalificare il sistema degli appalti pubblici. Al Governo – conclude Battipaglia – chiediamo di non cedere ai tentativi di ben determinate lobby di far rientrare dalla finestra quello che il Codice Appalti ha cacciato dalla porta e di adoperarsi affinché il concetto di libera concorrenza in Europa inizi finalmente ad essere declinato a favore delle piccole imprese specialistiche”.