A distanza di un anno dall’inizio del tour, presso i vari soggetti istituzionali, arriva il chiarimento, tanto atteso dal ministero dello Sviluppo Economico e Unioncamere, che fa una netta distinzione tra lavanderie tradizionali e lavanderie self service.
Ma andiamo con ordine. A maggio dell’anno scorso, CNA Tintolavanderie inizia a bussare alle porte dei vari enti: Regione Marche, in quanto regione capofila per la Conferenza Stato Regioni, Unioncamere Nazionale, l’ente pubblico che unisce e rappresenta istituzionalmente il sistema camerale italiano, ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, gli enti locali deputati ad effettuare i controlli. L’ultima tappa nel mese di settembre, al Ministero dello Sviluppo Economico, l’amministrazione competente in materia di legislazione di settore. Obiettivo degli incontri: fare chiarezza e mettere un freno al fenomeno all’abusivismo nel settore da parte delle lavanderie self service che erogano, in maniera impropria, servizi di manutenzione dei capi.
Una prassi ormai consolidata quella di entrare nel settore con un’attività self service, così da aggirare i vincoli dettati dalla normativa stessa, e nel tempo aggiungere, attraverso una semplice modifica camerale, un’attività di stireria o sartoria, con l’obiettivo di legittimare la presenza di un operatore che di fatto presta un servizio di assistenza completa alla clientela. Va ricordato che le lavanderie self service sono attività commerciali che mettono a disposizione l’uso di lavatrici professionali ad acqua ed essiccatoi utilizzati esclusivamente dalla clientela. Due tipologie di attività, la lavanderia tradizionale e la lavanderia self service, che devono rimanere distinte, sia perché normate in maniera diversa, sia perché offrono servizi diversi a clientele diverse.
Ed è quanto abbiamo chiesto, in un quesito, al Ministero dello Sviluppo Economico. Al fine di superare le criticità derivanti dalla normativa di riferimento e dalle successive interpretazioni, abbiamo sollecitato l’amministrazione a fornire una chiara interpretazione della fattispecie di lavanderia self service, descrivendone l’ambito di applicazione, i limiti e le differenze rispetto alla tipologia tradizionale di tintolavanderia.
Una prima risposta arriva a dicembre, e in questi giorni, a distanza di sei mesi, con un intervento chiarificatore da parte di Unioncamere, da noi sollecitato, possiamo dire di aver raggiunto un risultato importante per le imprese del settore. Nella nota inviata da Unioncamere, al MiSE e a tutte le Camere di Commercio, si legge:
“Il Ministero, nella risposta a un quesito, ha affermato che quanto previsto al comma 1 bis del decreto legislativo n. 59 del 2010, vale a dire la sola esclusione dell’obbligo di designazione del responsabile tecnico dall’applicazione della legge n. 84 del 2006 è riservata alle imprese di lavanderia dotate esclusivamente di lavatrici professionali ad acqua ed essiccatori destinati ad essere utilizzati direttamente dalla clientela previo acquisto di appositi gettoni”. Di conseguenza rimane confermato, si legge nella nota, l’obbligo di designazione del responsabile tecnico in tutti i casi in cui l’attività non sia ascrivibile alla definizione di cui sopra.
Inoltre, il Ministero ha condiviso la proposta di Unioncamere, di diffondere a tutto il sistema camerale, quanto contenuto nella nota ministeriale, in virtù “delle conseguenze che ne derivano sulle attività di controllo spettanti agli uffici camerali e al fine di assicurare un’uniforme applicazione della specifica normativa su tutto il territorio nazionale”.
Questo significa che le Camere di Commercio prenderanno atto delle differenze di carattere normativo tra le due attività e si adopereranno per le verifiche già in fase di SCIA o di modifica/integrazione della visura camerale da parte delle imprese. Questo di certo non sanerà tutte le situazioni pregresse, ma di sicuro metterà un freno a nuove iniziative non in linea con la normativa.