“Il presidente della Provincia ha avviato il confronto con il mondo economico su come rendere più attrattivo l’Alto Adige per le imprese, ma il ragionamento deve essere fatto tenendo conto dei recenti dati Eurostat, secondo i quali l’Italia, compresa la nostra provincia, è il paese europeo con il più alto numero di lavoratori indipendenti”. Lo afferma Claudio Corrarati, presidente di CNA-SHV.
Dai dati, riferiti al terzo trimestre 2016, emerge che nella popolazione di età lavorativa compresa tra i 15 e i 64 anni del nostro Paese gli occupati indipendenti sono 4,7 milioni precedendo, nell’ordine, il Regno Unito (4,3 milioni di unità), la Germania (3,8 milioni di unità), la Spagna e la Francia (entrambe con 2,9 milioni di occupati). Il 59% circa dei 4,7 milioni degli occupati indipendenti italiani sono lavoratori in proprio ovvero artigiani, commercianti e, in generale, quelli che la legge considera piccoli imprenditori.
In percentuale, gli indipendenti italiani sono il 21,1% dell’occupazione complessiva. Solo in Grecia si registra una percentuale maggiore (29,2%) mentre nei principali paesi europei il peso dei lavoratori indipendenti sull’occupazione complessiva risulta ben più contenuto che nel nostro Paese: 16% in Spagna, 14,1% nel Regno Unito, 11,2% in Francia, 9,4% in Germania. Il diverso peso del lavoro indipendente in Italia rispetto ai principali paesi europei è riconducibile al fatto che in questi ultimi vi sono apparati produttivi, caratterizzati da una più ampia presenza di medie e grandi imprese, in grado di assorbire quote considerevoli di occupazione dipendente e, in particolare, giovanile.
“Questo significa – argomenta Corrarati – che la propensione a creare impresa è forte in Italia così come in Alto Adige – ma al contempo diventano necessarie politiche fiscali, strategie economiche e semplificazioni che tengano conto di questo tipo di tessuto imprenditoriale. Nei Paesi vicini come Austria e Germania l’economia corre con aziende mediamente più grandi rispetto a quelle altoatesine, quindi capaci di gestire in proprio ricerca e sviluppo, marketing, comunicazione. Non basta preoccuparsi di come rendere più attrattivo l’Alto Adige per imprese di fuori provincia, ma occorre sostenere le piccole imprese esistenti: non per forza devono diventare grandi ma possono imparare a pensare in grande. Altrimenti i nostri imprenditori, che sono strutturalmente deboli, si troveranno a fronteggiare, sia in casa che fuori, la concorrenza delle aziende meglio strutturate provenienti dall’estero e attratte dalle strategie che proprio la Provincia, con l’ausilio del mondo economico, sta mettendo a punto. Oggi più che mai sono necessarie politiche fiscali ed economiche nazionali e locali a sostegno delle piccole e microimprese”.