Il Jobs Act, nuova riforma del mercato del lavoro entrata in vigore lo scorso 7 marzo, aiuterà le imprese a creare nuova occupazione? Contratto a tutele crescenti, decontribuzioni e maggiore flessibilità, serviranno a rilanciare un mercato del lavoro con tassi di disoccupazione a livelli mai raggiunti negli ultimi anni?

Certo, come ha sottolineato Stefano Di Niola, responsabile nazionale del Dipartimento politiche sindacali della CNA, al partecipato seminario promosso dall’Associazione sul Jobs Act, “Una buona legge di per sé non crea lavoro, però una legge inadeguata può scoraggiarlo”. Dal 7 marzo ad oggi, comunque, è ancora presto per avere un quadro affidabile degli effetti prodotti dalla nuova normativa sulle imprese e sull’occupazione.

Secondo l’Osservatorio Lavoro della CNA nazionale, costituito da 20 mila imprese, nei primi due mesi dell’anno si è registrata una tendenza all’aumento dei contratti a tempo indeterminato, probabilmente influenzata dalla prospettiva del Jobs Act e dall’introduzione del contratto a tutele crescenti. Da marzo, si assiste ad un sia pur lieve incremento delle assunzioni, sempre con contratto a tempo indeterminato. L’andamento a livello provinciale delle imprese seguite Cna è similare, sia pure con numeri ancora troppo limitati. Difficile affermare che ci si trovi in presenza di nuovi posti di lavoro, piuttosto che della stabilizzazione di precedenti contratti a termine.

In ogni caso, Il Jobs Act ha avuto un impatto positivo sulle imprese, come ha ricordato Ughetta Ciatti, responsabile provinciale del Dipartimento sindacale CNA nella propria introduzione, a partire dallo sforzo di semplificazione dell’ordinamento in materia di contratti, grazie alla maggiore flessibilità nella gestione dei rapporti di lavoro. Tuttavia, nel seminario, primo di un ciclo di tre incontri dedicati ai diversi aspetti della riforma, decontribuzione e flessibilità non basteranno di per sé a rilanciare l’occupazione senza una reale crescita economica del Paese.