Questa è una storia “dell’altro mondo”. E di un altro modo di fare impresa. Nella Bassa padovana c’è un capannone di nuova costruzione, confortevole, coloratissimo. Qui si lavora conto terzi, assemblando materiale plastico ed elettrico e producendo una linea di oggettistica tutta green (“I Realizzabili”). Un grande laboratorio dove il fatturato è determinato dall’operatività di persone speciali, con disabilità, che rientrano in un piano d’inclusione sociale e lavorativa. In parte è una Fondazione, in parte un’impresa artigiana: insieme producono e integrano. Un anello importante nella catena produttiva di quest’area.
Trenta persone (dai 20 ai 50 anni) che vivono nel centro diurno, una realtà residenziale eccellente, inserita nel circostante paesaggio rurale. Altre undici lavorano nel laboratorio artigianale integrato a uno studio grafico di progettazione. Qui si produce e si vende.
“Abbiamo creato quest’azienda con un obiettivo: prima di tutto far lavorare le persone con disabilità. La nostra storia inizia nel 1998 con una macchina semiautomatica, poi ce ne hanno affidate altre due, qualcuna l’abbiamo costruita noi su misura per le esigenze dei ragazzi e oggi assembliamo conto terzi materiale elettrico, elettronico e plastico: 2000 stendini al giorno e 1000 pezzi di altri prodotti. Tutto già pronto per la spedizione. Due le aziende madri: la Gimi di Monselice e la Master di Este”, spiega Giacomo Trimarchi, già imprenditore, che ha trasferito in questo progetto la sua cultura imprenditoriale, avviando e orientando al lavoro persone con disabilità insieme ad altri educatori.
“Da questa esperienza nel 2002, abbiamo avviato il progetto Link (aperto ai giovani, nel periodo delle vacanze scolastiche) per dare un valore alle parole inclusione e diversità. In questo modo i giovani imparano a capire quanto sia difficile lavorare ed essere produttivi: lavoro riconosciuto economicamente, e svolto a fianco delle persone con disabilità”, aggiunge Elena Littamé, responsabile della linea “I Realizzabili”.
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