“Lo sforzo riformistico esercitato nell’ultimo anno dal Governo, a cominciare dall’impegno a riqualificare la spesa pubblica, ci fa sperare che sia giunta veramente <la volta buona> per andare oltre limiti e ritardi. Ora è importante ricordare chi siamo. E’ ed altrettanto importante non indulgere nella rassegnazione o nelle retoriche del declino che rischiano di diventare profezie che si autoavverano”. Lo ha affermato Sergio Silvestrini, segretario generale della Cna, nella relazione introduttiva al convegno “Le Pmi e la sfida della qualità: un’economia a misura d’Italia”, promosso dalla Cna in collaborazione con Symbola-Fondazione per le qualità italiane e tenuto nell’Auditorium della Cna.
“Quello che serve all’Italia – ha aggiunto – è fare leva sulle nostre specificità produttive e imprenditoriali, per irrobustirne la capacità di reazione e adattamento alle condizioni poste dall’economia del nostro tempo. Agire principalmente su quei fattori che meglio di altri attivano processi di qualità. Parlare di qualità, oggi, significa, infatti, parlare di un elemento cruciale per la competitività delle nostre imprese e del Paese”.
“In questo senso – ha spiegato – occorre trasformare in vocazione sistemica le vocazioni naturali proprie del nostro modo di fare impresa. Vanno rimossi gli ostacoli che frenano questo processo, creando condizioni normative favorevoli a incoraggiare gli investimenti, sfruttando le potenzialità della green economy, valorizzando i settori di attività più strategici, indirizzandoli su prodotti e servizi con elevato valore aggiunto e con maggiore efficienza e sostenibilità”.
“Per modificare e modernizzare il modello di sviluppo – ha concluso Silvestrini – servono risorse pubbliche e private. Servono tante condizioni che non ci sono. Ma quello che più serve per fare dell’Italia un Paese innovativo, moderno, aperto al mondo, competitivo, orientato alla qualità, è che <l’Italia faccia l’Italia>. I Paesi che hanno successo, infatti, sono quelli che riescono a essere competitivi valorizzando la propria identità, la propria diversità, la propria cultura, le proprie capacità. E se i numeri del nostro sviluppo, oggi, rimangono del tutto insoddisfacenti, quello che farà la differenza domani sono le scelte che oggi faremo per cambiarli, in nome dell’unicità della nostra storia economica, che è storia di cultura e civiltà, raccogliendo la sfida della qualità”.