Export in frenata in Sardegna: agroalimentare in crisi, crolla il comparto lattiero-caseario. È sempre l’industria petrolifera a trainare l’export sardo: + 7,6% di vendite all’estero. Al netto dell’industria petrolifera la performance delle esportazioni regionali si ridimensiona: rimane positiva (+3,3%), ma rallenta vistosamente rispetto al 2017 che aveva segnato un + 20%.
In crisi il settore agroalimentare che al netto del petrolifero vale quasi un quinto dell’intero export manifatturiero: – 17,8% (dai 196 milioni del 2015 a 148 milioni)
La contrazione media annua dell’agroalimentare dal 2015 al 2018 è stata del – 8,6% (nel periodo 2012-2015 le vendite di prodotti sardi erano cresciute mediamente ad un ritmo del +12,3% l’anno). Crolla il comparto lattiero-caseario: – 24% in un anno, dal picco del 2015, 136,2 mln di euro a 91,4 mln del 2018 -33%.
Preoccupazione per gli oltre 16mila produttori con marchio di qualità ( Dop, Igt o Stg) operanti nell’isola: è il numero più elevato tra tutte le regioni italiane, in Toscana sono meno di 13 mila , 11mila in Trentino. La principale causa del crollo dell’agroalimentare è la riduzione della domanda statunitense: tra il 2015 e il 2018 l’export verso gli USA ha avuto una contrazione del 40% (da 116,5 milioni a 70,6). In calo anche le altre principali destinazioni europee: Germania (-31%), Francia (-39%), Spagna (-12%), in crescita solo il piccolo mercato canadese (+53%).
Piras e Porcu (CNA): È fondamentale diversificare i prodotti investendo sullo sviluppo del settore agroalimentare nel suo complesso, promuovendo l’accesso ai mercati internazionali di altre produzioni oltre a quelle lattiero-casearie. Occorre anche diversificare i mercati di sbocco facendo leva sulla qualità riconosciuta e sulla specialità della tradizione sarda e supportando le piccole imprese nel difficile percorso che porta all’internazionalizzazione