Per il lavoro è stata una primavera nera. Il lockdown imposto dalla pandemia ha paralizzato numerose attività cancellando 818mila posti di lavoro nel secondo trimestre del 2020 su base annuale secondo la rilevazione trimestrale realizzata da Istat, Ministero del Lavoro, Inps, Inail e Anpal.
La lettura dei dati mostra tuttavia una notevole capacità di reazione da parte delle micro imprese. Sia in termini assoluti e sia in termini relativi le imprese fino a 9 dipendenti sono quelle che hanno reagito meglio rispetto alle altre classi dimensionali. In dettaglio le micro imprese nel secondo trimestre dell’anno in corso mostrano un saldo negativo di 131mila tra attivazioni e cessazioni nel corso di un anno. Le imprese con oltre 250mila dipendenti accusano un calo di 267mila unità, quelle tra 10 e 49 dipendenti -288mila e la classe da 50 a 249 dipendenti una contrazione di 133mila.
Nelle micro imprese è concentrato oltre il 43% del numero totale degli addetti e la contrazione di 133mila posizioni lavorative si traduce in una flessione di appena l’1,73%. La classe dimensionale tra 50 e 249 dipendenti accusa una contrazione del numero di addetti che sfiora il 6% mentre nelle grandi imprese la perdita di posizioni lavorative è pari al 6,81%.
In totale le posizioni lavorative dipendenti nelle imprese industriali e dei servizi sono diminuite del 3,9% rispetto al precedente trimestre del 4% su base annua. L’industria limita la contrazione allo 0,9% mentre i servizi accusano un calo del 5,5%. Tra i settori più colpiti le attività di servizi di alloggio e ristorazione con un crollo del 22,5%.
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