Mezzo miliardo di euro. A tanto ammonta, all’incirca, il giro d’affari dei Dolci di Carnevale. Un mercato in costante aumento cresciuto quasi del 25% circa nell’arco di cinque anni. A rilevarlo una indagine condotta da CNA Agroalimentare tra i suoi iscritti di tutta Italia. Una voglia di festeggiare, quindi, che rimane prepotente negli italiani nonostante l’orientamento sempre più diffuso nelle famiglie, complice il confinamento e la crisi, a dedicarsi alla cucina. Evidentemente, però, non è vero che a Carnevale ogni frittella vale.
C’è frittella e frittella – spiegano i pasticceri e gli altri operatori del settore iscritti a CNA Agroalimentare – e quella degli artigiani ha un altro sapore. C’è poco da fare. Come testimoniano i buongustai italiani, decisi a farsi questa concessione e a concedersi qualche peccato di gola prima di immergersi nel periodo quaresimale, che in verità dura da un anno e si spera possa interrompersi ancora prima dei quaranta giorni previsti dal calendario ecclesiastico.
Ma quali sono i Dolci di carnevale più amati, e comprati, dagli italiani? In testa, senza concorrenti che tengano, sono le chiacchiere nelle varie denominazioni locali. Chiacchiere, appunto, in Lombardia, Piemonte, Campania, Sicilia e quasi tutto il Sud. Frappe a Roma e nel Lazio, cenci in Toscana, bugie in Liguria, ciarline in Emilia, fiocchetti in Romagna, crostoli in Friuli Venezia Giulia. Nelle varie declinazioni, fritte della tradizione, al forno per i salutisti, magari bagnate nella cioccolata fusa per i goduriosi. Da sole valgono – secondo le stime di CNA Agroalimentare – tra il 40 e il 50% del ricco mercato dei Dolci di Carnevale.
Alle spalle delle chiacchiere, ormai diventate il dolce nazionale di Carnevale, eccezion fatta per il diverso modo di chiamarle, emerge la cucina di territorio nella sua estrema varietà. Tra i prodotti più venduti si piazzano i tortelli (Lombardia e altre aree del Nord), gli strufoli o struffoli (in tutto il Mezzogiorno, con qualche variante chiamati pignolata in Sicilia), il migliaccio e la graffa a Napoli e dintorni, le castagnole (nel Lazio, nelle Marche e un po’ in tutto il Centro), le fritole veneziane, i galani veneti, il bujarnik friulano.
Leggi qui l’articolo de “Il Mattino”