“Credo di essere una grande artigiana, una professionista, ma non faccio la prima della classe. Però ho un dono: so comunicare con la gente comune.” A dirlo in un’intervista a “la Repubblica”, Raffaella Carrà, la grande showgirl, scomparsa ieri.
Proprio per questo suo dono è riuscita ad essere amata e celebrata da mondi diversi e antitetici tra loro: intellettuali, casalinghe, gay e cattolici. Il pubblico è sempre stato dalla sua parte e questo le ha permesso di osare, di essere libera, arrivando a rompere tabù in modo anche del tutto inconsapevole.
Cantante, ballerina, showgirl, conduttrice, coach, attrice, modella. E’ difficile riassumere la lunga carriera di Maria Roberta Pelloni, in arte Raffaella Carrà. È stata una professionista come poche, inflessibile con se stessa, infaticabile lavoratrice. Niente era lasciato al caso, ogni spettacolo era costruito con un accurato lavoro certosino. Anche il suo modo di vestire era studiato nei minimi dettagli. A partire da quell’inconfondibile caschetto biondo, i vestiti eccessivi indossati con ironia e una eleganza tutta sua, tanto da essere definita un’icona pop.
Nell’estate del 2018, nell’edizione di AltaRoma, la storica manifestazione a cui partecipa anche CNA Federmoda, il mondo della moda le dedicò una mostra dal titolo “Iconoclasti. Lo stile di Raffaella Carrà nell’opera di costumisti e stilisti”. Una esposizione di costumi, accessori, oggetti, bozzetti che metteva in evidenza i segni e le simbologie più nascoste del “fenomeno-Carrà”. Una sorta di celebrazione dell’artigianato e del Made in Italy che l’avevano aiutata a costruire il suo personaggio.
Come ha scritto Alberto Mattioli su “La Stampa” di oggi: “Ci sono vite che racchiudono tutte le vite, canzoni che sono la colonna sonora di infinite esistenze, immagini che diventano ricordi di tutti. Difficile capire perché, ma succede, è una storia magari minima ma è sempre storia.”
E Raffaella Carrà sicuramente è stata parte della storia di ognuno di noi, in questi ultimi 60 anni.