Numerosi gli spunti di riflessione emersi nel corso del workshop dedicato alla blue economy nella cornice della sesta giornata sull’economia del mare del Salone nautico di Genova. Dalla fotografia scattata dal rapporto emerge uno dei tanti volti della nostra economia costituito da piccole e medie imprese appartenenti a diverse filiere produttive che sono interdipendenti tra loro: una forza imprenditoriale unica che ci viene invidiata dagli altri Paesi europei, alcune volte purtroppo poco valorizzata.
La valorizzazione dell’economia del mare passa inevitabilmente attraverso l’interazione sinergica tra i diversi settori che ruotano attorno al mare come il turismo, l’industria, i trasporti e la pesca. E come CNA siamo convinti che attraverso un’alleanza strategica tra associazioni, istituzioni e tutti i soggetti coinvolti, si possa rivitalizzare l’economia del mare nel nostro Paese. Una penisola bagnata dal mare per 8.000 km di coste (più 800 di laghi), dove il mare dovrebbe rappresentare, in primis, la nostra ricchezza economica.
CNA ha partecipato al workshop nella persona di Mario Mainero, portavoce nazionale CNA mestiere nautica, che ha portato il suo contributo all’interno della tavola rotonda concentrandosi su una delle tante filiere della blue economy: la filiera della cantieristica nautica. “Come CNA sono diversi anni che siamo impegnati nel lavoro di ricostruzione e valorizzazione di tutta la filiera, contenuto all’interno del nostro rapporto di ricerca giunto ormai alla settima edizione. Quando, infatti, si pesa il valore economico (e sociale, in termini di occupazione e ricchezza diffusa) del comparto si tiene conto solo dell’attività strettamente cantieristica. Vale a dire della costruzione e della riparazione di imbarcazioni. Senza valutare tutte le altre strutture produttive e di servizio funzionali alla nautica da diporto. Un insieme molto ampio di prodotti, che spazia dal settore tessile (vele e cime) ai mobili (arredi interni), dalla produzione e installazione di macchine e apparecchiature (impianti) ai prodotti in metallo (eliche, ancore), dalla meccanica (motori) alla strumentazione (bussole, radar, Gps, software). Connessa alla nautica, inoltre, c’è anche l’ampia gamma di servizi turistici e portuali, che va dalle scuole nautiche, al trasporto delle imbarcazioni, dal rimessaggio al refit. Un combinato disposto che rende la nautica molto più rilevante di quanto emerga dalle statistiche ufficiali, che non ne fanno percepire il reale valore economico e occupazionale e, quindi, non permettono di misurarne e apprezzarne la portata”.
“Un settore– precisa Mainero – che conta oltre 16 tipologie di filiere produttive legate alla nautica da diporto, con almeno 25 codici ateco diversi che analizzate nei distinti sottocodici corrispondono a 286 attività differenti. E lo spirito che ha animato in questi anni, la nostra attività di ricerca è stato proprio quello di valorizzare tutto il comparto, tutte quelle attività produttive, come abbiamo visto, funzionali al completamento delle imbarcazioni da diporto. La leadership, infatti, della cantieristica italiana è frutto di un ‘gioco di squadra’. Dietro a una barca o a uno yacht prodotto in Italia c’è tecnologia, design, artigianalità, innovazione: un “contenitore” di eccellenza italiana fatto di piccole e medie imprese. Non possiamo non sottolineare come su 1000 persone che operano alla lavorazione di un grande yacht almeno i 2/3 non sono lavoratori diretti del cantiere, bensì, appartenenti magari a 50/70 piccole imprese ed imprese artigiane che forniscono servizi e prodotti di elevatissimo pregio”.
C’è un aspetto che va sottolineato, prosegue il portavoce nautico – “Incrociando i dati Istat e quelli degli studi di settore emerge chiaramente il ruolo di primo piano delle imprese più piccole all’interno della realtà produttiva della nautica. Per il 97,5% la base produttiva della nautica è composta da Mpi che contribuiscono al 46,3% dell’occupazione del settore. Imprese che dal 2008 al 2013 hanno fortemente subito le conseguenze delle due crisi economiche. Chi è rimasto si è consolidato e in alcuni casi ha diversificato mercati o attività. La fase di ripresa iniziata dal 2014 ha fatto poi registrare, fino a oggi, performance produttive sorprendenti. E i dati confermano una crescita continua del mercato globale e italiano della nautica. Insomma un futuro che, tra boom del mercato dell’usato e di patenti nautiche ci lascia scorgere un ritorno della voglia di mare, finalmente nel nostro Paese”.
“Come filiera siamo chiamati ora, nel momento delicato di ripresa che il Pnrr ha ben delineato – conclude Mainero – a metterci in gioco. Adesso abbiamo la necessità di: collaborare, essere più coesi, fare alleanze tra imprese e territori, rafforzare i rapporti di filiera. Dobbiamo valorizzare l’integrazione funzionale tra i cantieri e tutta la rete dei subfornitori. E’ questa la sfida più grande: creare quel circuito virtuoso indispensabile per rendere il settore sempre più competitivo e innovativo e apprezzato al mondo per la qualità del nostro prodotto. Come associazione riteniamo indispensabile investire su questo fronte per far crescere le nostre imprese”.
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