“La sostenibilità economica deve costituire il faro che guida tutte le fasi di produzione del Made in Italy di qualità: rappresenta la conditio sine qua non si possono gestire le crisi come l’attuale e non si possono cogliere le opportunità presentate dal mercato in momenti più favorevoli. Senza dimenticare che la centralità del saper fare è il nucleo fondante del successo del Made in Italy e può garantirgli un futuro luminoso”. A puntualizzarlo il presidente nazionale della CNA, Dario Costantini, concludendo i lavori della due giorni organizzata da CNA Federmoda a Firenze su “Made in Italy: valore economico, sociale, etico. Cucire, tramare, ordire, tessere, formare…etica!” in concomitanza con la Mostra internazionale dell’artigianato in Fortezza da Basso.
“Le nostre imprenditrici e i nostri imprenditori – ha spiegato il presidente nazionale della CNA – hanno dimostrato di aver accettato le sfide del mercato globale. Oltre 110mila micro e piccole imprese tutti i giorni si misurano con le grandi potenze mondiali, portabandiera del Made in Italy, del bello e del saper fare e contribuiscono in modo determinante al nostro export”.
“L’anno scorso – ha sottolineato – le esportazioni italiane hanno superato la soglia dei 500 miliardi, aumentando la quota di mercato. La flessibilità e la dinamicità delle nostre piccole imprese hanno consentito di ampliare la diversificazione geografica. E le imprese del settore moda sono state protagoniste di una performance molto positiva, per certi versi inaspettata, nonostante rimangano ostacoli e svantaggi competitivi”.
“Sostenibilità e responsabilità sociale – ha continuato – sono diventati nell’ultimo mezzo secolo valori riconosciuti universalmente anche se troppo spesso utilizzati come bandiere da sventolare. Voglio rivendicare con orgoglio che l’attenzione verso le produzioni sostenibili e la responsabilità verso tutti gli stakeholders sono l’essenza della cultura secolare degli artigiani. Possiamo osservarlo ammirando la straordinaria bellezza delle nostre città, la ricchezza dei nostri borghi di cui le nostre imprenditrici e i nostri imprenditori sono spesso l’ultimo presidio contro la desertificazione”.
“Non siamo contrari alla globalizzazione – ha rilevato – ma ne contrastiamo da sempre gli effetti negativi, quelli che alimentano le diseguaglianze e favoriscono l’illegalità. Due anni di pandemia e la guerra nel cuore dell’Europa mostrano in tutta la sua evidenza il limite della globalizzazione selvaggia, gli squilibri provocati da un mondo interconnesso ma disordinato. L’ossessione nella ricerca di luoghi per produrre a bassissimo costo ci ha resi fragili. La dittatura dei profitti a breve termine, della finanza sulla produzione ha confezionato e distribuito facili illusioni”.
“La qualità delle nostre imprese, la sensibilità degli artigiani verso l’etica economica e la responsabilità sociale – ha concluso Costantini – rappresentano l’alternativa auspicabile e l’argine alla delocalizzazione selvaggia. Iniziative come questa servono a ricordare alla politica e alle istituzioni la necessità di garantire condizioni e mercati non solo efficienti ma equi. Redistribuire il valore lungo tutte le filiere significa ricucire i divari, elevare difese contro l’illegalità, ricomporre gravi squilibri”.
La due giorni di lavoro di CNA Federmoda, tenutasi a Firenze del 28 e 29 aprile scorsi e dedicata ad esplorare la complessità della filiera moda al fine di definire nuove modalità per discutere sui temi del Made in Italy, ha messo al centro il valore delle competenze manifatturiere come elemento di partenza per mantenere la leadership del sistema moda italiano nella competizione internazionale.
“La prima giornata dedicata ad approfondimenti tematici su formazione, economia circolare e innovazione ha visto tracciare messaggi che pongono la tradizione come elemento fondamentale per poter fare innovazione, evidenziando la necessità di partire dalle basi delle nostre competenze manifatturiere per definire, anche grazie all’apporto tecnologico, modalità operative per il miglioramento della produttività” ha dichiarato Antonio Franceschini, responsabile nazionale CNA Federmoda. “È emersa inoltre la necessità di motivare i giovani – ha continuato Franceschini- affinché questi trovino interesse verso gli aspetti produttivi della moda, dobbiamo avere più consapevolezza del ruolo sociale delle imprese e consapevolezza della responsabilità del dover formare anche attraverso la formazione dei formatori per far conoscere loro più approfonditamente il mondo del lavoro. Inoltre, dal confronto interno supportato da esperti, è emerso come l’economia circolare sia futuro ma soprattutto presente e da qui la necessità di azioni di supporto alle nostre filiere: verso una economia che sia orientata verso la gestione del fine vita del prodotto, verso la responsabilità di una economia condivisa e verso una comunicazione che valorizzi e dia valore ai prodotti delle nostre filiere.”
La giornata del 29 aprile, aperta al pubblico, si è aperta con il talk dal titolo “Mindful fashion: un confronto con le nuove generazioni per affrontare la sfida della sostenibilità” con Marina Spadafora, rappresentante italiana di Fashion Revolution, Francesca Rulli, fondatrice e Ad di Process Factory, moderato da Silvia Gambi, giornalista esperta di green fashion e autrice del blog Solo Moda Sostenibile.
A seguire il convegno dal titolo “Parlare artigianale: PMI, Artigianato, Filiere e Sostenibilità, un connubio italiano vincente” che, dopo i saluti istituzionali, ha visto la presentazione un’indagine condotta dalla società di consulenza strategica Kearney, in collaborazione con Il Foglio, che ha coinvolto oltre 30 manager delle case di moda italiane e dalla quale è emerso come gli ultimi tre anni abbiano segnato un cambio di passo nel mondo della moda di lusso: da un lato i consumatori che ricercano sempre più esperienze di acquisto omni-canale e mostrano attenzione agli aspetti di sostenibilità e impatto ambientale, dall’altro, la pandemia e le tensioni geopolitiche che hanno prodotto ripetuti e profondi shock nelle filiere di approvvigionamento mondiali.
A seguire si è svolto un confronto moderato da Romano Benini che ha sollecitato il prof. Luca Ferrucci a esprimersi sulla situazione attuale e questi ha evidenziato come l’impatto sul Made in Italy della guerra russo-ucraina in corso stia producendo e produrrà effetti economici particolarmente significativi.
“Non si tratta solamente della dinamica inflattiva dei prezzi delle risorse energetiche, con impatti sulle imprese e sulle famiglie, ma anche su altri piani come le esportazioni di beni di lusso verso l’area russa; le delocalizzazioni che talune imprese italiane avevano realizzato in Ucraina per talune fasi di lavorazione con impatti sull’intera catena degli approvvigionamenti; gli acquisti del Made in Italy che i turisti russi presenti in Italia effettuavano durante i loro soggiorni. Inoltre, c’è poi da considerare l’intensificarsi della migrazione di ucraini nel nostro paese con un relativo impatto sul nostro mercato del lavoro. Sarebbe auspicabile un progetto nazionale di inserimento professionale di alcuni di essi, specie di quelli con adeguate competenze maturate nel loro paese, nelle imprese del Made in Italy.”
Al panel è inoltre intervenuto anche il prof. Stefano Micelli che ha parlato dello scenario internazionale: ” lo scenario di questi de anni suggerisce un ripensamento dell’azione delle piccole imprese. Se per almeno due decenni abbiamo immaginato il mondo come come ‘piatto’ e senza barriere, la pandemia prima e la guerra in Ucraina ora ci impongono di riflettere sulla distanza che separa l’Italia da tanti mercati internazionali. Le nuove priorità imposte dall’agenda del PNRR, in primis sostenibilità ambientale e sociale, suggeriscono una maggiore attenzione al mercato italiano e europeo puntando a rinnovare la propria attrattività verso i giovani e le nuove generazioni. L’accelerazione sul fronte del digitale e della sfida ambientale richiede infatti il coinvolgimento di giovani talenti per favorire innovazione tecnologica e manageriale nell’ambito di rinnovato sistema di riferimenti economici e culturali”.
Infine, il presidente nazionale CNA Federmoda, Marco Landi ha ribadito come sia necessaria un’attenzione da parte del Governo verso il settore moda italiano che si traduca in atti concreti. “Servono misure per sostenere i consumi interni – ha dichiarato Landi – così come per garantire liquidità alle imprese è indispensabile una moratoria sui finanziamenti”.
Contestualmente, il programma del format di CNA Federmoda ha visto la realizzazione dell’evento espositivo “Le aziende associate a CNA Federmoda rispondono alla sfida della sostenibilità”, dedicato ad aziende che già adottano pratiche di sostenibilità applicate alle loro produzioni.
A Firenze la risposta di Federmoda alla sfida della sostenibilità