Si è tenuto a Roma mercoledì 18 maggio alle ore 10.30 presso l’Hotel Massimo D’Azeglio la Tavola Rotonda alla quale prenderanno parte la Presidente nazionale CNA Agroalimentare Francesca Petrini il Presidente di Confartigianato Alimentazione e i segretari del settore alimentare di CGIL CISL UIL.

La relazione presentata dal Fabio Del Bravo di ISMEA

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La relazione presentata dalla FLAI CGIL

Copia di Presentazione AG 18 05 2022 (002)

Le prospettive di crescita economica per il 2022 saranno influenzate dal caro energia, dall’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari e dalla riduzione dei consumi da parte delle famiglie con un’inflazione stimata tra il 7 e l’8%.  La filiera agroalimentare è uno dei settori più colpiti dalla situazione di caro-energia che la guerra in Ucraina sta continuando a peggiorare Uno tsunami che si è abbattuto a valanga sulle aziende con rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari che stanno mettendo in crisi i bilanci delle imprese

Quando si parla di “tempesta perfetta” si vuole evidenziare che all’attuale difficile situazione, bisogna considerare che da febbraio 2020 a giugno 2021 il settore HORECA, ospitalità e ristorazione, è stato tra i più colpiti dalle misure anti covid, resesi necessaria per contrastare la diffusione del virus.

In Italia questo settore è rappresentato da quasi 400 mila imprese, alcune delle quali come quelle legate agli eventi hanno visto ridotta la propria attività per quasi 16 mesi. Il blocco dell’HORECA ha comportato un calo dei ricavi delle industrie alimentari e bevande del 20%, difficoltà nella raccolta e distribuzione dei prodotti agricoli.

Ciò sta a significare che le imprese agroalimentari sono alle prese da oltre due anni con una situazione di fortissima instabilità e devono essere supportate dal Governo pena il rischio di perdere quel primato raggiunto negli ultimi anni in termini di export, di qualità delle produzioni alimentari, simbolo del nostro Made in Italy.

 

Le cause degli aumenti dei costi dei prodotti alimentari

L’incremento dei costi dei prodotti agricoli e alimentari non trae origine da un’unica motivazione, come abbiamo già evidenziato, ma da una serie di fenomeni di eccezionale portata, che si sono sovrapposti, generando una tempesta perfetta. I forti rincari delle materie prime e dei prodotti energetici, che si stanno in parte trasferendo anche sui prezzi al consumo dei generi alimentari, risalgono infatti a ben prima della guerra in Ucraina, e sono riconducibili a un insieme complesso di fattori di natura congiunturale, geopolitica e speculativa.

La repentina ripresa della domanda mondiale dopo la prima ondata pandemica e i problemi organizzativi che questa ha determinato nei principali scali mondiali hanno comportato gravi rallentamenti delle catene di fornitura globali, con aumenti vertiginosi dei costi dei trasporti e dei noli dei container, con un significativo incremento dei prezzi dell’energia e di tutte le materie prime comprese quelle agricole, anche sulla scia della crescente domanda cinese, che ha cominciato a stoccare ingenti quantità di mais e soia e del crollo produttivo dei raccolti di grano duro in Canada.

In questo scenario di forte nervosismo dei mercati, si è andato poi ad inserire lo scoppio del conflitto in Ucraina, con tutto il suo carico di incertezze sugli approvvigionamenti non solo energetici ma anche di derrate alimentari. Russia e Ucraina – sebbene senza eccessiva rilevanza diretta sull’Ue – ricoprono un ruolo importante nelle forniture globali di grano, mais, soia, semi di girasole e, non ultimo, concimi. Si tratta quindi di incrementi che interessano sia verticalmente che trasversalmente tutte le filiere agroalimentari”.

Il calo della produzione dei cereali

La produzione di cereali e in particolare il frumento duro, si è andata a inserire in un contesto compromesso dal crollo dei raccolti in Canada, primo paese fornitore a livello globale, aggravata ulteriormente da produzioni comunque in calo in molti dei principali produttori mondiali come Turchia, Algeria e USA (-9,1% la produzione mondiale, -32% la flessione degli scambi mondiali e -24,5% la flessione degli stock mondiali). Anche il prezzo del mais a livello mondiale ha evidenziato forti tensioni conseguenti, oltre che a fattori analoghi ai precedenti, anche a un forte aumento della domanda cinese per la ripartenza della filiera suinicola dopo l’epidemia di peste suina.

Peraltro, la Cina detiene il 65% delle scorte mondiali di mais. L’escalation degli ultimi giorni al confine ucraino, culminata con l’invasione avvenuta il 24 febbraio, ha innescato ulteriori tensioni sui prezzi di tutte le materie prime comprese quelle agricole, sia come diretto riflesso del ruolo dell’Ucraina e della Russia nelle forniture globali di grano e mais, sia indirettamente come risposta dei mercati all’instabilità politica e alle incertezze conseguenti agli effetti delle sanzioni.

 

 

La dipendenza italiana dalle forniture estere

In un tale contesto di incertezza, trovano ampia diffusione fenomeni speculativi, come l’improvvisa scomparsa dell’olio di girasole. In questo scenario, l’Italia sconta una strutturale dipendenza delle forniture estere di frumento duro, tenero e mais, con un tasso di autoapprovvigionamento rispettivamente pari a circa il 60% per il grano duro, 35% per il tenero e 53% per il mais, che espone particolarmente il nostro Paese alle turbolenze dei mercati internazionali.

Conseguenze dell’invasione dell’Ucraina

L’invasione russa dell’Ucraina ha sconvolto i mercati energetici ed agricoli. La Russia produce il 23% del gas naturale mondiale e circa il 40% del gas naturale dell’Unione Europea proviene dalla Russia. La Russia è anche un importante esportatore di petrolio. Le sanzioni hanno contribuito a far aumentare i prezzi del greggio, di oltre il 60% dall’inizio dell’anno, sebbene non siano l’unico motivo per cui il prezzo del petrolio è alto.

L’incremento dei prezzi dell’energia è il principale fattore scatenante l’inflazione dei prodotti alimentari. La catena di approvvigionamento alimentare, dalla produzione nell’azienda agricola al trasporto, alla trasformazione, allo stoccaggio e infine alla vendita al dettaglio, dipende fortemente dall’energia.

L’invasione dell’Ucraina ha innescato una serie di shock di approvvigionamento diretti e indiretti ai mercati delle materie prime. L’impatto di questi shock dipende dal grado di dipendenza del nostro paese dalle materie prime di origine agricola (granelle) e dall’energia provenienti da provenienti da Russia e Ucraina.

Questa guerra avrà molto probabilmente seri effetti a catena che saranno molto impattanti per gli agricoltori europei e, in particolare, italiani. La Russia e l’Ucraina rappresentano insieme oltre il 30% del commercio mondiale di frumento e orzo, il 17% del mais e oltre il 50% dell’olio di girasole, inoltre la situazione del conflitto ha impedito agli agricoltori ucraini di procedere con le semine primaverili di queste coltivazioni, con evidenti conseguenze negative anche a medio e lungo termine per le imprese agricole dell’UE.

Per gli agricoltori italiani l’impatto maggiore deriva dall’effetto sul mercato del gas naturale, la principale materia prima per la produzione di fertilizzanti azotati. I prezzi di questi fertilizzanti, già alti a fine 2021, potrebbero aumentare ulteriormente nei prossimi mesi rispetto agli ultimi listini disponibili che si riferiscono alla prima decade del mese di marzo 2022, arrivando ad aumenti dell’ordine del 200% su base annua.

In rialzo anche i prezzi delle uova, ancora sulla scia degli aumenti registrati a febbraio e marzo a causa di una poca disponibilità di prodotto, all’aumento dei costi di produzione e all’influenza aviaria. Dai listini della CUN Uova da consumo, il prodotto proveniente da allevamenti da terra ad aprile si attesta su 1,91 euro/kg (+47% rispetto a un anno fa).

Anche la farina di grano tenero, utilizzata per molte preparazioni, è in forte crescita, nonostante la stabilità osservata da metà marzo, conseguente a un alleggerimento delle tensioni nel mercato del grano tenero nazionale (+48% per la farina di tipo 00).

Ben più marcata la crescita dei prezzi all’ingrosso del burro, a seconda della tipologia, tra il +70% e il +120%, complice la ridotta disponibilità di prodotto nel mercato. In generale, gli incrementi registrati, sono da ricondurre ai balzi dei prezzi delle materie prime agricole (dai cereali per l’alimentazione umana ai mangimi zootecnici, dal burro agli oli vegetali) e dei costi energetici registrati nei mesi scorsi, ulteriormente accentuati con lo scoppio del conflitto russo-ucraino

La mancanza di forniture è lo scenario che più preoccupa rispetto alla crisi in Ucraina, l’Unione Europa, nel 2020, ha importato il 35,7% dei beni prodotti nel settore agroalimentare in Ucraina per un valore di 5,8 miliardi di euro, circa il 4,6% di tutte le importazioni agroalimentari dell’Ue. Il 48,9% di cereali, inclusi il grano e il riso importati nell’Ue vengono dall’Ucraina, così come il 48,5% degli oli vegetali e il 25,1% della carne di pollo.

 

 

 

 

Per quanto riguarda la Russia, le importazioni nel settore agricolo rappresentano solamente l’1,4% del totale delle importazioni, ma la dipendenza da Mosca si fa sentire principalmente nel campo dei mangimi (18,9% del totale delle importazioni), dello zucchero (7,8%) e dei semi oleosi (6,7%).

Per la commissione europea le esportazioni ucraine sono fondamentali per l’agricoltura europea ma anche per quella di Africa e Medio Oriente, entrambi importatori di prodotti agricoli dall’Ucraina. La dipendenza dai prodotti ucraini fa temere una nuova ondata migratoria da questi Paesi verso l’Europa, che chiederebbe altri sforzi oltre a quelli introdotti per accogliere i circa 3 milioni di profughi provenienti dall’Ucraina.

Oltre al rincaro dei prezzi, bisogna anche considerare il problema del taglio del 10% delle razioni di cibo per ovini, bovini e suini a causa dell’esplosione dei prezzi dei mangimi per il blocco delle forniture di mais da Ucraina e Ungheria. A tal riguardo si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio, Su tutti, gli olii di semi – soprattutto di girasole – che a marzo hanno visto il costo crescere del 23,3%. ,

Una situazione che metterebbe a rischio la sopravvivenza di intere filiere produttive. La ricerca di maggiore convenienza, in particolare, potrebbe aggravare le filiere produttive italiane che hanno maggiore qualità ma prezzi superiori.

Va sottolineato come le imprese subiscono un’inflazione all’acquisto non ancora scaricata sui prezzi di vendita di almeno 6/7 punti, anche per la forte opposizione della GDO , ma questa è una situazione che non potrà durare per lungo tempo Per il 2022, in base alle proiezioni delle stime dell’inflazione, i prezzi per il settore alimentare sono dati in aumento tra l’8% e il 10% e in questo caso potremmo assistere ad un calo dei volumi tra il 4% e il 5% dell’intero mercato,

 

 

 

L’Istat ha segnalato che aumentano sia i cosiddetti lavorati (come i succhi di frutta, gli insaccati, prodotti surgelati), che sono passati da +3,1% a +3,9%, e sia i non lavorati (carne, pesce, frutta e verdura fresca), che sono passati da +6,9% a +8,0%.

l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) ha diffuso a febbraio un report con dati che mostrano come, pur con gli interventi del governo, nel primo trimestre del 2022 il prezzo del gas naturale aumenterà del 94% rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre l’aumento dell’energia elettrica sarà del 131 per cento.

Nel mercato all’ingrosso, cioè dove i produttori di energia, venditori sul mercato finale e clienti con grandi consumi energetici come le aziende possono comprare e vendere grossi quantitativi di energia, gli aumenti sono stati molto più consistenti: da gennaio a dicembre i prezzi mensili sono cresciuti di quasi il 500 per cento per quanto riguarda il gas naturale e del 400 per l’energia elettrici, producendo un effetto a cascata sui prodotti agroalimentari ma che stanno scontando le imprese!

L’Italia è il secondo paese metalmeccanico d’Europa dopo la Germania, e le imprese che producono attrezzature e macchinari per l’agroalimentare sono di importanza mondiale, basti pensare alle macchine per il caffè, per la pasta, ai forni di cottura. Se non si argina l’aumento dei costi energetici l’Italia rischia di perdere non solo il primato nell’agroalimentare, che è un insieme di più fattori, ma di vedere fuori mercato imprese e manodopera.