Le micro e piccole imprese italiane sono 4,3 milioni e rappresentano il 99,4% dell’intero tessuto produttivo nazionale. Esse sono fondamentali per l’economia e la coesione sociale del Paese. basti dire che contribuiscono al 64,0% dell’occupazione, al 47,8% del valore aggiunto, al 38,8% degli investimenti, al 21,4% delle esportazioni. Senza le micro e piccole imprese il nostro Paese sarebbe quindi indubbiamente più povero.
Nonostante questo, vi è ancora in Italia chi esprime diffidenza e discredito nei confronti dei “piccoli” indicandoli come causa principale, se non esclusiva, del ritardo di sviluppo accusato dall’Italia rispetto alla Germania dove però il principale elemento di differenza rispetto al nostro sistema produttivo riguarda semmai l’alta quota di medie e grandi imprese (nei comparti dell’industria questa è pari al 2,2% del totale mentre in Germania sfiora i nove punti percentuali).
Sfatato il mito delle micro e piccole imprese che zavorrano la crescita italiana, resta un quesito a cui rispondere: perché in Italia vi sono così poche medie e grandi imprese? Una risposta a questo quesito è fornita dai dati statistici di fonte Banca Mondiale dai quale emerge che in Italia, più che altrove, la crescita dimensionale delle imprese è ostacolata da una ampia serie di fattori (burocrazia farraginosa e costosa, difficoltà di accedere al credito, pressione fiscale eccessiva, incertezza e inefficienza della giustizia civile). Avendo in mente questo stato di cose è auspicabile che il Recovery Plan, che stanzia una quantità incredibile di risorse per fare ripartire l’Italia, venga disegnato su misura di micro e piccole imprese.
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