La crisi sanitaria del 2020 ha colpito duramente anche il tessuto imprenditoriale italiano provocando la chiusura di 307.686 attività di cui 81.282 imprese artigiane. Chiusure non bilanciate dalle nuove aperture (292.308 di cui 76.498 imprese artigiane) così da determinare un indebolimento della base produttiva che non si vedeva dal 2013 quando il nostro Paese perse 30.478 imprese in un solo anno.
Tuttavia a differenza degli altri anni a determinare il saldo negativo nella nati-mortalità delle imprese sono state le iscrizioni che sono fortemente diminuite rispetto agli anni precedenti. Un dato che non sorprende visto il clima di profonda incertezza causato dalla diffusione del virus e dalla gestione della pandemia. Meno scontato, invece, è il numero delle cessazioni, diminuite rispetto allo scorso anno e addirittura il più basso dell’ultimo decennio. Le politiche messe in campo nel nostro Paese a sostegno dell’economia e del tessuto produttivo hanno dato la possibilità alle nostre imprese di resistere alla crisi in corso e hanno contribuito a “cristallizzare” la situazione in attesa di superare questa fase. È molto probabile, però, che il peggio debba ancora venire e che gli effetti della pandemia saranno pienamente visibili solo nei prossimi mesi con nuove chiusure e un ulteriore assottigliamento della base produttiva.
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