Come la pandemia ha cambiato i reali fabbisogni professionali delle imprese reggiane? Quali profili restano più ricercati e in quali aree organizzative?
Da queste domande ha preso il via la seconda edizione dell’indagine promossa da CNA Reggio Emilia ed Ecipar, ente di formazione del sistema, per orientare i giovani verso le reali esigenze delle imprese, con la finalità di progettare e realizzare azioni formative mirate e volte alla creazione di profili coerenti con le qualifiche e le specializzazioni più ricercate.
I dati della ricerca sono stati presentati nel corso di una conferenza stampa alla presenza del presidente CNA, Giorgio Lugli, del direttore generale Azio Sezzi, della responsabile Area Education CNA, Ughetta Fabris e della coordinatrice dell’ente di formazione Ecipar, Tina Vitiello.
Un’occasione per sancire il rinnovato impegno dell’associazione sui temi formazione e lavoro, anche in considerazione dei mutamenti conseguenti alla pandemia da Covid-19 che ha profondamente cambiato il modo di lavorare e di fare impresa.
“Quello che ci preme sottolineare è che non esistono scuole di serie A e di serie B, in quanto ogni tipo di studio, se portato avanti con impegno e determinazione, apre la strada al mercato del lavoro”. Ha sottolineato il presidente Lugli nel suo intervento, aggiungendo che “la conoscenza del tessuto economico di riferimento grazie alla sinergia tra mondo accademico e associazioni di categoria è fondamentale perché influisce sulla creazione dei percorsi scolastici e universitari sui temi più caldi per le nostre imprese come Industry 4.0, la sostenibilità o l’efficientamento dei processi”.
A due anni dall’inizio dell’emergenza sanitaria, CNA, infatti, sta lavorando per fornire i supporti migliori alle imprese chiamate a una ripartenza che non significhi solo recupero ma anche crescita per un futuro positivo dal punto di vista economico e sociale.
“I dati emersi dalla nostra indagine effettuata su un panel di oltre 300 imprese socie sono molto interessanti – ha spiegato il direttore generale Sezzi – tenendo ovviamente in considerazione le dimensioni delle nostre imprese (principalmente piccole imprese fino a 20 dipendenti). Il settore in cui emerge più carenza di manodopera è la produzione, in forte ricerca di tecnici e operai non specializzati, segue il comparto logistico e dell’autotrasporto e a sorpresa il settore ICT (ormai fondamentale anche nelle imprese di piccole dimensioni). Infine, un altro dato che stupisce, considerando anche l’alto numero di istituti dedicati presenti in provincia, è la grande mancanza di cuochi e camerieri, e in più in generale di professionisti legati al settore alimentare (anche fornai, pasticcieri, gelatai). È indice sicuramente di una scarsa consapevolezza nelle scelte scolastiche, poiché spesso non si ha la percezione, oppure se ne ha una sbagliata, sul mestiere che si vuole realmente intraprendere dopo la fine del percorso scolastico”.
Per ovviare al problema dell’orientamento scolastico e della scelta degli indirizzi più adatti, CNA Education ha intrapreso delle attività di orientamento negli istituti della provincia con studenti e famiglie, anticipando l’orientamento dalle classi quarte e quinte a quelle del biennio: “Riteniamo importante portare la testimonianza dei nostri imprenditori e dei consulenti CNA e del nostro ente di formazione Ecipar – ha illustrato la responsabile dell’Area Education – per aiutare gli studenti sia in attività di personal branding e redazione curricula per presentarsi nella maniera migliore, sia attraverso percorsi di alternanza scuola-lavoro (gli attuali Pcto) per inserirli in un contesto lavorativo reale e far comprendere le difficoltà ma anche se le inclinazioni personali coincidono con il percorso di studi intrapreso. Con le Università proseguiamo con grande successo con i Job Day e l’illustrazione alle aziende dei profili in uscita attraverso l’attivazione di tirocini curriculari”.
In questa attività è fondamentale il supporto di Ecipar, infatti come ha confermato la sua coordinatrice Tina Vitiello: “il nostro compito è proprio portare a conoscenza degli studenti e delle imprese gli strumenti presenti per facilitare l’incontro di questi due mondi e dobbiamo lavorare su gap spesso di tipo culturale, sulle percezioni dei mestieri e sulla necessità di aggiornamento continuo per le aziende di ogni dimensione e settore. Stiamo mettendo in campo corsi e progetti specifici di formazione che i risultati di questa indagine renderanno sicuramente davvero utili e appetibile per il nostro tessuto economico”.
I numeri
Il sondaggio è stato effettuato su un panel di 318 imprese appartenenti ai settori manifatturiero (58%), servizi (34%) e costruzioni (8%). Dal punto di vista dimensionale il target maggioritario è quello delle piccole imprese fino a 20 dipendenti (solo 60 le imprese senza dipendenti, 8 quelle con più di 40 addetti). L’81% del campione lavora sul mercato interno mentre il 18% fa export (l’11% nei paesi UE).
Forte è l’interesse delle aziende verso il mondo del sapere: il 55% si dichiara interessato a collaborare con gli istituti superiori, il 45% vorrebbe aprire un canale con l’università (nonostante le distanze ancora esistenti che faticano a rendere concreto tale desiderio). Un interesse che riguarda anche le aziende senza dipendenti a dimostrare un desiderio di crescita e di ricerca anche da parte delle piccolissime imprese.
Le aree di maggiore interesse si differenziano a seconda del livello scolastico a cui si rivolge: parlando di istituti superiori, il 36,51% vorrebbe avere l’opportunità di ospitare uno stage, mentre il 22% desidererebbe essere coinvolto in attività di orientamento e nell’alternanza scuola lavoro; un 17,43% del campione si dice poi disponibile a realizzare progetti di collaborazione specifici con la collaborazione della scuola e degli studenti.
I temi d’interesse da sviluppare con l’ambito universitario riguardano principalmente il marketing e la comunicazione (29,95%), la possibilità di collaborazioni professionali (30,96%) intese come percorsi formativi post diploma e stage, attività di ricerca e sviluppo (11%).
Parlando di futuro, solo poco più della metà (53%) del campione prevede assunzioni nei prossimi anni: il 29% lo farà nell’ambito di una programmazione di crescita dell’impresa, il 24% ritiene di avere esigenze di turnover.
I profili maggiormente ricercati riguardano sono ancora una volta i tecnici (39%). Fortemente ricercati anche gli operai non specializzati (33%) e chi esce dalle scuole secondarie di primo grado (16%). Solo il 9% degli intervistati richiede la laurea, a dimostrazione del grande lavoro da fare per colmare il gap che ancora sussiste tra mondo delle Pmi e Università.
Analizzando i settori che offrono più possibilità d’inserimento professionale, grande prevalenza ce l’ha il comparto produzione (34%), seguito dalla logistica e magazzino (15%), dal commerciale e marketing (13%) e dai servizi per la ristorazione (11%).
I canali privilegiati per la ricerca di personale restano quelli informali: il 43% degli intervistati ricorrono ad autocandidature e/o reti amicali per individuare il profilo giusto. Il 21% si rivolge alle agenzie per il lavoro mentre il 14 % utilizza le collaborazioni con scuole e Università attraverso i tirocini. Solo il 13% utilizza i canali istituzionali come i centri per l’impiego mentre prende piede l’utilizzo dei social (il 4% li utilizza per selezionare profili professionali).
Infine, parlando di tipologia di contratti, quelli preferiti sono l’apprendistato (32%) e i contratti a tempo determinato (28%) strade preferenziali per un primo ingresso in azienda, ma sono tanti anche gli imprenditori che offrono contratti a tempo indeterminato (22%) considerato come viatico per accaparrarsi i migliori profili sul mercato. L’11% delle risorse che entrano in azienda lo hanno fatto attraverso stage/tirocini, mentre solo il 5% è passato da un tirocinio nell’ambito del progetto “Garanzia Giovani”.
Volendo chiudere l’indagine con una citazione d’autore che ne riassuma i risultati, potremmo rifarci al Rapporto del Conte Luigi Sormani Moretti del 1864/65 inerente ad un acquisto di materiale scientifico per l’Istituto Tecnico di Reggio Emilia: “L’Italia ha ormai bisogno più che di scuole grammaticali e letterarie, di greco e di latino, più che di poeti, di filosofi e filologi, di istituti tecnici generosamente provvisti, di ingegneri, di chimici e di meccanici, i quali si facciano in Italia, come fanno a casa loro, gli ingegneri, i chimici, i meccanici inglesi, tedeschi, francesi, americani, gli ufficiali o i fattori del progresso civile della nazione”.