L’Italia è terra di mille meraviglie culturali e architettoniche, tanto da meritarsi ben 58 siti Unesco, eppure per gli operatori del restauro dei beni culturali pare non esservi pace. A partire dall’entrata in vigore del Codice dei beni culturali, il Dlgs 50/2004, è iniziato un percorso di qualificazione degli operatori della filiera che è diventato per molti un elemento di forte incertezza che ancora non conosce fine. In un settore dove l’83.9% degli operatori ha più di 40 anni, il Codice ha infatti introdotto un vero e proprio disallineamento generazionale dei requisiti professionali necessari per mettere le mani sul patrimonio artistico e architettonico italiano a partire dai differenti percorsi di studi a cui gli operatori stessi hanno avuto accesso nel corso della propria vita: la classica formazione in bottega, i percorsi professionalizzanti introdotti in alcune regioni, i nuovi corsi di laurea in restauro. A questi si aggiunge la frequenza, a cui accede un numero più ristretto di persone, ai due storici poli formativi del restauro: l’Istituto centrale del restauro di Roma e l’Opificio delle pietre dure di Firenze a cui si è aggiunto più recentemente il Centro di conservazione e restauro La Venaria Reale. Il tema è stato ampiamente dibattuto nel corso di una giornata nazionale di studi promossa da CNA Artistico e Tradizionale che si è svolta al Salone Restructura di Torino, punto di riferimento per gli operatori delle costruzioni, delle installazioni e della ristrutturazione edile del nord-ovest lo scorso 19 novembre.
Al tavolo dei relatori, dopo i saluti del presidente di CNA Piemonte Bruno Scanferla, del consigliere regionale Gianluca Gavazza e del presidente del Centro di conservazione e restauro di Venaria Reale Stefano Trucco, è seguita la dettagliata relazione del presidente di CNA Restauratori Piemonte Luca Emilio Brancati che ha posto con forza non solo il problema del completamento del percorso di qualifica dei professionisti del restauro, ma anche della esigenza di una semplificazione dell’accesso ai bandi pubblici tenendo conto che la stragrande maggioranza delle imprese del comparto sono microimprese o ditte individuali, senza dimenticare di affrontare quello che per la categoria è da anni un vero e proprio cavallo di battaglia: il riconoscimento normativo della cosiddetta “formazione in itinere” rivolta prevalentemente ai neolaureati abilitati alla professione al termine del loro percorso di studi.
Come ha ben evidenziato Maria Giulia Mancinelli dell’Area Studi e Ricerche di CNA Nazionale, le imprese di restauro italiane sono fragili, analogamente a quanto accade nel resto del panorama imprenditoriale italiano. Sulle specificità del settore è intervenuto anche Marco Paolini in rappresentanza della Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio della Città metropolitana di Torino, mentre Dario Simeoli, magistrato e membro del Consiglio di Stato, si è soffermato sul ruolo esercitato dal Consiglio stesso nella stesura dello schema preliminare del nuovo Codice degli appalti e si è reso disponibile a farsi portavoce nelle idonee sedi in vista dell’attesa evoluzione del contesto normativo di riferimento per questa professione strategica per la tutela della “grande bellezza italiana”.
Paolo Giacomazzo, consigliere dell’Autorità nazionale anticorruzione, nel suo intervento ha sottolineato le dinamiche di crescita del settore nell’ambito deli appalti, ed evidenziato il nuovo approccio di Anacv, più collaborativo, sia con le imprese singole, sia con le associazioni di categoria, segnalando le opportunità del cosiddetto precontenzioso, volte a gestire con maggiore incisività e soprattutto con minori oneri le possibili vertenzialità con le Stazioni appaltanti.
A seguire, Mario Pagani, responsabile Politiche industriali di CNA Nazionale, ha rappresentato il percorso che la Confederazione sta perseguendo per presidiare al meglio il processo di riforma del Codice degli appalti, volto a consentire una reale facilitazione dell’accesso a questo importante segmento operativo alle imprese artigiane e alle piccole imprese.
Dopo il contributo di Sara Abram, Segretario generale del Centro Conservazione e restauro La Venaria Reale, è intervenuto il presidente di CNA Restauratori, Giacomo Casaril, che ha richiamato l’esigenza di una interlocuzione diretta con il ministero della Cultura, posto che sono rimaste indefinite una serie di procedure, quali l’estensione delle qualifiche acquisite, la definizione per i tecnici del restauro delle modalità attraverso cui diventare restauratori, l’avvio di un soccorso amministrativo per quei soggetti che non hanno partecipato al bando di qualifica del 2015.