No, i (bei) tempi di una volta, per quanto riguarda l’accesso al credito, non torneranno. Gli scenari sono mutati. Gli strumenti sono differenti. Dovrà essere la duttilità delle piccole e medie imprese, e delle associazioni che le rappresentano, nell’ambito del rinnovato rapporto da stringere con gli istituti di credito, a fare compiere un passo avanti e a trovare le soluzioni per nuove opportunità di crescita. E’ questo, in sintesi, rispondendo alla domanda posta dal tema dell’appuntamento, quanto emerso dalla tavola rotonda tenutasi ieri nella sede provinciale della Cna di Ragusa che, per l’occasione, ha commemorato i sei anni della prematura scomparsa di Pippo Tumino, indimenticato dirigente della confederazione, molto attento a tematiche come quella sviluppata ieri sera.
E non è un caso che il segretario provinciale Giovanni Brancati abbia avviato l’incontro citando i passaggi cardine di una relazione del 26 gennaio 2008 in cui Tumino, in occasione del passaggio di consegne tra lui stesso e Brancati, aveva dipinto, con una lucidità unica, molti degli scenari che da lì a qualche anno si sarebbero concretizzati, compresa la grave crisi strutturale che ha costretto un numero consistente di piccole e medie imprese a chiudere i battenti o, comunque, a rivedere la propria pelle imprenditoriale. I lavori, moderati dal responsabile della redazione di Ragusa del quotidiano “La Sicilia”, Michele Nania, hanno visto la partecipazione del direttore della Divisione economica e sociale della Cna nazionale, Claudio Giovine, del presidente provinciale Cna Ragusa Giuseppe Santocono, di Carmelo Arezzo, segretario generale della Camera di Commercio, di Emanuele Occhipinti, responsabile Crediti speciali della Bapr, di Giancarlo Scollo, direttore generale Unifidi Imprese Sicilia e del segretario regionale Cna Sicilia, Mario Filippello.
“I tempi di una volta difficilmente torneranno – ha tagliato corto Giovine – solo per l’artigianato, nel 2008, il credito ammontava a poco più di 62 miliardi, nel 2015 eravamo al di sotto dei 40, un terzo del credito di cui disponeva l’impresa artigiana non c’è più. Le soluzioni per risanare queste anomalie? Dobbiamo rimuovere i motivi per cui le imprese piccole vanno in banca, dobbiamo imparare ad andarci meno e quando ci andiamo occorre essere più attrezzati. Dobbiamo inventare regole diverse, aprire a soggetti nuovi, individuare forme di finanziamento innovative. Il credito ha ripreso in parte a marciare ma va avanti seguendo regole non sempre rispondenti alle esigenze delle piccole imprese. Ecco perché dobbiamo trovare le soluzioni per inserirci in un contesto completamente nuovo”. Anche Occhipinti, a nome del sistema bancario, ha concordato sul fatto che non torneranno più i tempi di una volta. “Avremo – ha sottolineato – altri tempi, considerato che oggi, sempre di più, facciamo lo slalom tra vincoli e normative. Voglio evidenziare due aspetti, in particolare. E’ finita la logica della garanzia. Il problema è la logica economica. Con l’avvento della crisi, inoltre, è stato costituito in seno al nostro istituto di credito l’ufficio crediti deteriorati. Oggi non c’è impresa che prima di ottenere un credito non passi a dialogare con quella che un tempo era una task force e che, adesso, è diventato un punto di riferimento importante. La banca non può fare gioco d’azzardo. Il rischio va misurato”.
Il presidente Santocono ha dato il via al suo intervento in maniera ironica sottolineando che “allora va a finire che le piccole imprese debbano chiedere scusa per tutti i problemi che hanno procurato alle banche, facendo andare in fumo milioni di euro. In realtà – ha aggiunto – le piccole e medie imprese si trovano a pagare e a subire per danni non creati da loro. Le nostre realtà imprenditoriali si trovano a subire errori di valutazioni elaborati da un sistema finanziario costretto a investire su mercati paralleli. Chiudere l’accesso al credito alle Pmi ha fatto crollare ancora di più il Pil dei vari Stati che non hanno avuto l’opportunità di crescere. E’ questa la realtà. Occorre, invece, dare alle piccole imprese la possibilità di ottenere i crediti sburocratizzandoli, per farci fare quello che sappiamo fare: lavorare”. Scollo ha lanciato un appello sostenendo che è “indispensabile creare un sistema forte che aiuti le imprese a cavalcare questa ripresa che, anche se debole, comincia a intravedersi. Oppure non si riuscirà ad andare molto lontano. In quest’ambito il ruolo dei consorzi fidi è importante e deve essere ulteriormente qualificato passando sempre più a una funzione di alta consulenza professionale per aiutare le Pmi a individuare gli strumenti finanziari più adatti”.
Arezzo ha riportato l’esperienza della Camera di Commercio nell’affrontare, con nuovi sistemi, le modalità di sostegno a giovani e piccoli imprenditori. “E’ il caso – ha spiegato – del microcredito promosso in sinergia dalla Camcom e dalle due diocesi di Ragusa e Noto con l’ultimo sostegno arrivato dall’ex Provincia grazie a parte dei fondi ex Insicem. L’ente camerale, inoltre, cerca di porsi come interlocutore tra banca e imprese, attivando anche iniziative di ampio respiro sul fronte della formazione e della cultura imprenditoriale. C’è comunque un dato che preoccupa. E cioè il fatto che le sofferenze complessive in provincia di Ragusa siano passate dai 275 milioni di euro del 2009 a ben 972 del 2015. Un indicatore che, chiaramente, non fa stare tranquillo il mondo del credito”. Infine, il segretario regionale Filippello ha precisato che “siamo di fronte a una fase che richiede di ripensare i propri modelli, lo richiede, naturalmente, anche il sistema delle imprese. Dobbiamo porci una questione che riguarda da vicino il sistema, quel chiodo fisso che era anche di Pippo Tumino, vale a dire il protagonismo territoriale non avulso dai contesti. Dobbiamo ripartire guidando il cambiamento, creando strumenti moderni, efficaci ed efficienti. La nostra economia non ha bisogno di un uomo solo al comando ma di un confronto continuo per individuare percorsi comuni. I fondi di rotazione, ad esempio, possono essere impinguati con i fondi strutturali. E forniremmo alle piccole imprese siciliane un sistema di garanzie non indifferente”.