E’ una piccola grande rivoluzione nel mondo della rappresentanza e delle parti sociali. Per la prima volta, dopo nove mesi di trattative serrate e confronto intenso, si vara una serie di testi finalizzati a definire nuove regole per i rapporti di lavoro all’interno delle imprese; a contrastare il fenomeno del dumping contrattuale, che penalizza le imprese rispettose dei diritti dei lavoratori e lede la libera concorrenza; a riconoscere politicamente la rappresentanza, oltre che dell’artigianato, delle piccole imprese fino a 49 dipendenti, qualcosa come 2,9 milioni di imprese con oltre quattro milioni di dipendenti. A sancirlo gli accordi interconfederali sulle linee guida per la riforma degli assetti contrattuali e delle relazioni sindacali, firmati stasera nell’auditorium della CNA, la prima organizzazione italiana dell’artigianato ad aver siglato un accordo con il sindacato nel lontano 1946.
Hanno sottoscritto le intese, da un lato, i vertici delle organizzazioni maggiormente rappresentative dell’artigianato e delle piccole imprese: Daniele Vaccarino, Presidente CNA e Sergio Silvestrini, Segretario generale CNA; Giorgio Merletti, Presidente Confartigianato; Giordano Basso, Presidente Casartigiani e Marco Accornero, Presidente Claai. Dall’altro, per i sindacati dei lavoratori, i Segretari generali di CGIL, CISL e UIL, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.
“Questo nuovo modello contrattuale, frutto di un lavoro intenso durato oltre nove mesi, consentirà di rappresentare al meglio gli artigiani e le piccole imprese – ha dichiarato Daniele Vaccarino -. La riduzione del numero dei contratti è indubbiamente un passo decisivo verso la modernizzazione del sistema produttivo italiano. Noi piccoli imprenditori, insieme a tutti i nostri collaboratori, siamo impegnati ogni giorno a far diventare più competitive le imprese, e a farle crescere. Questo accordo con Cgil, Cisl e Uil sono certo che ci fornirà uno strumento utile anche ad agganciare la ripresa economica”.
Nucleo delle linee guida è la convinzione che la ripresa del sistema produttivo italiano debba necessariamente passare per il rilancio della competitività. Per raggiungere tale obiettivo l’intesa attribuisce alle parti sociali un ruolo centrale, garantendo alle relazioni sindacali maggiore snellezza.
I contratti collettivi nazionali di lavoro passano da nove a quattro: si riferiscono alle macro aree manifatturiero, servizi, edilizia e autotrasporto. I livelli di contrattazione rimangono due, inscindibili tra di loro: il nazionale, che garantisce trattamenti economici e normativi comuni; il territoriale/aziendale, che può modificare parzialmente anche quanto previsto a livello nazionale, per rispondere in maniera più efficace alle esigenze di imprese e lavoratori.
L’accordo rafforza il sistema della bilateralità su materie quali ammortizzatori sociali, formazione continua, welfare e sanità integrativa, salute e sicurezza.
Per quanto riguarda la rappresentanza, per la prima volta nel comparto, sarà sottoscritta un’intesa per misurare la rappresentatività e confermare il peso della rappresentanza ai sindacati di settore. I firmatari si riconoscono reciprocamente, nell’ambito delle imprese del comparto e dei loro lavoratori, quali soggetti maggiormente rappresentativi.
L’accordo sulla detassazione è finalizzato a potenziare gli elementi utili a incrementare la produttività, riconoscendo una minore incidenza della tassazione a carico dei lavoratori sulle somme percepite a titolo di premio. Avviata in modo strutturale e con logica innovativa a partire dal 2016, rafforzata dalla Legge di Bilancio 2017, la detassazione si inserisce nella strategia complessiva del Jobs Act, una riforma che sta completamente cambiando il mercato del lavoro.