Che il settore agroalimentare sia oggi il motore del Made in Italy, lo conferma una ricerca di CNA. Infatti nel manifatturiero italiano l’agroalimentare è secondo solo al metalmeccanico e nello scorso anno ha registrato 36,8 miliardi di export: +7,3%, due volte e mezzo la crescita nazionale. Un’eccellenza legata quasi totalmente ad artigiani e piccole imprese, infatti su 58mila aziende alimentari 40mila sono le imprese artigiane e 12mila quelle con meno di 50 dipendenti. Tra il 2007 e il 2014 il numero delle imprese della filiera alimentare, con un fatturato inferiore ai cinque milioni, è salito del 6,8%. Negli anni bui dell’economia si è andati verso forme d’impresa più strutturata, sono aumentate soprattutto le società di capitali. Nello stesso periodo gli addetti sono calati dell’1,5%; disaggregando i dati emerge però che i dipendenti sono aumentati del 6% (da 306.347 a 324.524), a fronte di un calo di quasi 10mila unità tra i non dipendenti. Il valore degli investimenti in beni strumentali mobili è cresciuto del 19,1%, passando da 17.688 a 21.067 milioni.
“Eppure artigiani e piccole imprese della filiera agroalimentare, di cui CNA Forlì-Cesena associa 574 imprese, tra alimentari, agricole, pubblici esercizi ed erboristerie, non riescono a esprimere pienamente tutte le loro potenzialità – commenta Giorgio Giorgini, presidente di CNA Alimentare Forlì-Cesena – lo testimoniano le risposte di circa 1.000 piccole imprese a un questionario della CNA. Per queste imprese la burocrazia è un incubo. Per avviare un’attività alimentare sono necessari 56 adempimenti. Il tempo sottratto all’attività per adempiere alle richieste burocratiche “ruba” fino a 15 giorni l’anno secondo il 14% degli interpellati, tra 16 e 60 giorni per il 48%, oltre 60 giorni per il 38%”.
“Tre intervistati su quattro – prosegue Giorgini – ritengono che la normativa nazionale, per il 90% derivata da norme europee, sia un elemento di svantaggio competitivo. Forti critiche anche per gli eccessivi controlli, spesso ripetitivi e scoordinati. Il 60% degli intervistati ritiene prioritario istituire una banca dati unica. Oggi sono 15 i soggetti preposti ai controlli, suddivisi fra quattro ministeri: Politiche agricole, alimentari e forestali, Economia e finanze, Salute, Sviluppo economico. È evidente che va razionalizzato l’intero sistema, riducendo il numero delle formalità. Va bene, quindi, accorpare tutte le competenze del settore in un unico dicastero per rafforzare il rapporto tra agricoltori e trasformatori. E vanno evitati i conflitti tra ministeri nell’interpretazione delle leggi”.
“Se vi sarà una azione mirata a eliminare i gap negativi che penalizzano le nostre imprese – conclude Giorgini – il settore alimentare potrà essere ancora di più quel fattore di crescita che sta sempre più dimostrando di essere, anche in sinergia con il turismo, sia per quanto riguarda il nostro territorio che a livello nazionale”.