E’ allarme manifattura. A lanciarlo l’Osservatorio manifattura relativo al primo quadrimestre 2019, realizzato dal Centro studi CNA.
Ad aprile di quest’anno la produzione manifatturiera italiana ha registrato una diminuzione congiunturale dello 0,9 per cento. Unita al -1,1 per cento di marzo, conferma come la fase di difficoltà emersa nel 2018 sia tutt’altro che superata. Dal dicembre 2017 – mese nel quale la produzione manifatturiera ha raggiunto il suo ultimo punto massimo – ad aprile 2019 l’attività manifatturiera si è ridotta del 4,9 per cento in termini cumulati. In un meno di un anno e mezzo, di conseguenza, è stato bruciato più di un terzo dell’incremento immagazzinato dopo la grande crisi, da agosto 2014 a dicembre 2017, un arco di tempo durante il quale la produzione cumulata era aumentata del 14 per cento.
Lo stato di salute della manifattura italiana si sta facendo sempre più preoccupante. Nel primo quadrimestre di quest’anno la diminuzione è risultata dell’1,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018 e il segno meno, che contraddistingue il dato negativo, ha riguardato 8 settori monitorati su 13, tra i quali i prodotti petroliferi, i prodotti in metallo, i mezzi di trasporto. Viceversa, nel 2018, la crescita nel primo quadrimestre dell’anno aveva registrato un +3.8 per cento in termini tendenziali e aveva riguardato 10 settori su 13.
La disaggregazione, permessa dal Codice Ateco a quattro cifre, dei 13 settori manifatturieri in 185 comparti merceologici permette di approfondire l’analisi. Ne deriva che il numero di comparti merceologici in grave recessione (nella quale si cade dopo aver registrato una diminuzione della produzione pari o superiore al 5 per cento) è più che raddoppiato in un anno, passando dal 12,4 al 28,6 per cento del totale. Le imprese che operano in questi settori maggiormente colpiti sono 104mila circa, con poco meno di un milione di occupati, un terzo complessivo. Un anno fa le imprese in forte difficoltà erano il 9,8 per cento del totale con il 6 per cento degli addetti.
Nei primi quattro mesi dell’anno in corso i settori che hanno sofferto le perdite produttive più rilevanti sono stati gli utensili portatili a motore, i prodotti chimici di base organici, gli articoli tessili, i prodotti per l’edilizia, gli autoveicoli e i mobili. Al contrario, si contano 32 settori nei quali la crescita è stata pari o superiore al 5 per cento. Tra questi spiccano la calzetteria in maglia, gli articoli da viaggio e le borse in pelle, la gioielleria, le imbarcazioni sportive e da diporto, le macchine per la metallurgia. Tutte produzioni, va notato, vocate all’esportazione e che possono giovarsi della domanda estera per compensare ampiamente la carenza di domanda interna.
Dopo i sostegni alle famiglie (come previsto nell’ultima Legge di Bilancio) è arrivato il momento, quindi, di interventi di politica economica studiati su misura per il sistema manifatturiero. Oltre a stimolare la domanda interna è necessario, di conseguenza, accrescere la competitività delle imprese manifatturiere, favorendo investimenti, attività di ricerca e sviluppo, formazione. Sostegni, però, che agiscono a medio-lungo termine. Nel breve servono provvedimenti a più rapida azione, come fisco, costo del lavoro, credito.