“Il tema della durabilità di un prodotto è cruciale per l’affermazione dell’economia circolare e, se approcciato in modo oggettivo e partecipato da tutta la filiera (produttori, distributori, consumatori, ecc.) può risultare strategico per la prevenzione dei rifiuti, l’implementazione della progettazione sostenibile e per la corretta tutela del consumatore.”
E’ quanto ha osservato la responsabile del dipartimento politiche ambientali della CNA, Barbara Gatto, nel corso dell’audizione in commissione industria del Senato sul Ddl per contrastare l’obsolescenza programmata dei beni di consumo.
Si tratta di un tema “certamente sentito dalle piccole imprese, siano esse produttrici o utilizzatrici di un bene, e si condivide pertanto la necessità di procedere ad una riflessione strutturata ed approfondita, soprattutto in vista delle inevitabili connessioni col tema più generale dell’economia circolare”.
Per questo è necessario distinguere la fattispecie di comportamenti intenzionalmente scorretti da parte dei produttori dalla necessità più generale di favorire una migliore progettazione dei beni, in un’ottica di sostenibilità ed in funzione di un utilizzo che preveda la “chiusura del cerchio”, ossia la trasformazione del prodotto stesso in un altro prodotto destinato a nuova vita.
Tuttavia, estendere il periodo di garanzia di un prodotto da due a 5-10 anni, come prevede il DDL, “rischia di tradursi in un aumento del costo del bene per il cliente finale”.
Inoltre, tale ipotesi avrebbe effetti anche sul mercato delle riparazioni che il provvedimento “mira ad incrementare ma che già, purtroppo, soffre per la presenza di costi e condizioni contrattuali molto penalizzanti per le imprese riparatrici”. “Tali condizioni – ha sottolineato Gatto – sono spesso stabilite dalle imprese produttrici, che impongono prezzi, tempi e condizioni operative che rendono il rapporto costo/beneficio sfavorevole all’impresa di riparazioni”.
Il mercato delle riparazioni è infatti caratterizzato da una grande frammentarietà che ne aumenta la debolezza contrattuale e obbliga de facto le imprese ad accettare condizioni sfavorevoli pur di continuare ad operare, analogamente a quanto accade in altri settori.
Quindi “pur condividendo l’obiettivo di non far gravare sul consumatore finale i costi che l’assistenza tecnica più estesa implica” CNA ritiene necessario “prevedere altrettante misure di garanzia a favore dei centri di assistenza tecnica, in particolare sotto il profilo della remunerazione degli interventi. Inoltre la riparazione che potrebbe giocare un ruolo rispetto all’obiettivo di favorire il riuso dei prodotti, in un’ottica di economia circolare, sconta in molti casi difficoltà legate ad una normativa ambientale caratterizzata da regole che ostacolano, anziché favorire, questo processo; infatti, un prodotto che ancora potrebbe avere le caratteristiche per essere riparato, rischia di diventare rifiuto nel momento in cui il cittadino intende disfarsene”.