La decisione dell’amministrazione Trump dello scorso giugno di introdurre dazi sull’acciaio e l’alluminio nei confronti di Europa, Canada e Messico è solo il primo atto di quella che potrebbe diventare una lunga guerra commerciale. Successivamente, infatti, nonostante che i paesi interessati dalle misure protezionistiche annunciassero contromisure, gli USA si spingevano oltre e, in applicazione dello slogan America First, estendevano i dazi anche alla Cina che, a sua volta, annunciava ritorsioni.
Gli esiti di una nuova stagione protezionistica potrebbero rivelarsi disastrosi a livello mondiale e penalizzare in particolar modo le economie export-led. Tra queste figura senza dubbio l’Italia tornata a crescere negli ultimi anni anche grazie al traino delle vendite realizzate al di là dell’Atlantico. Gli USA rappresentano infatti il terzo mercato di sbocco per le nostre esportazioni, aumentate negli ultimi anni a ritmi impressionanti: +77,4% tra il 2011 e il 2017. Inoltre l’avanzo commerciale italiano realizzato negli Stati Uniti supera i 25 miliardi di euro, più della metà di quello complessivo.
Le PMI italiane pagherebbero un prezzo particolarmente alto per l’inasprirsi delle tensioni attuali. Le nostre esportazioni sono composte per il 99,1% da produzioni manifatturiere, realizzate in buona parte proprio da imprese di dimensioni ridotte. Il contributo delle PMI alle esportazioni supera abbondantemente i cinquanta punti percentuali non solo nei settori tradizionali del Made in Italy (alimentare, abbigliamento e mobili) ma anche in quelli a più alto contenuto tecnologico e valore aggiunto (metallurgia, meccanica, gomma plastica ed elettronica).