Quasi 800 imprese in meno nel 2014 e 618 che hanno gettato la spugna nei primi tre mesi di quest’anno. Per l’artigianato marchigiano la crisi sembra non finire mai. Dal 2009 ad oggi le imprese del comparto sono scese da 52 mila a 47.683 con i cali più consistenti in edilizia e nei principali settori manifatturieri (calzature, abbigliamento, mobile, meccanica) con pesanti conseguenze per il tessuto sociale ed economico dei  principali distretti regionali. Infatti, non sono scomparse solo le imprese. Insieme a loro ha perso il lavoro il 10 per cento dei 65 mila occupati nell’artigianato. In caduta libera anche gli investimenti ridotti del 60 per cento in sei anni. Nel 2014 solo il 9,1 per cento delle imprese artigiane ha investito in azienda e, come in un gigantesco domino della crisi, i prestiti delle banche alle imprese sono scesi del 9 per cento negli ultimi dodici mesi, rispetto ad una media nazionale del -6,6 per cento.

Una fotografia impietosa, quella scattata da “Trend Marche”, il rapporto sull’artigianato e la piccola impresa delle Marche, curato dai Centri Studi di CNA e Confartigianato Marche, con il contributo delle Università di Urbino e Politecnica delle Marche, dell’Istat e della Banca Popolare di Ancona.

L’indagine è stata presentata a Jesi, al Centro Direzionale Esagono della Banca Popolare di Ancona. L’illustrazione di “Trend Marche” è stata preceduta dalla presentazione, da parte del Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, del XIX Rapporto sull’economia globale e l’Italia, dal significativo titolo “Un disperato bisogno di crescere”, curato da Mario Deaglio e realizzato con il contributo della Bpa gruppo Ubi.

“I timidi segnali di ripresa che si cominciavano a vedere nel 2013” hanno commentato il presidente di Confartigianato Marche Salvatore Fortuna ed il vicepresidente di CNA Marche Marco Tiranti “non sono stati confermati nel 2014 e nemmeno nei primi tre mesi del 2015. La crisi ha continuato a farsi sentire sull’artigianato e sulle piccole e medie imprese marchigiane che hanno praticamente mantenuto i livelli di fatturato dell’anno precedente ma hanno dovuto tagliare le spese per i consumi del 3,2 per cento e quelle per la formazione del 3,9 per cento, con evidenti ripercussioni sulla competitività. Per fortuna le piccole imprese non hanno perso la capacità di innovare, pur facendo i conti con crescenti difficoltà finanziarie: lo ha fatto il 32,3 per cento delle aziende fino a 9 addetti contro il 31,5 per cento di quelle con oltre 10 addetti. Ma per i prossimi cinque anni – hanno concluso Fortuna e Tiranti – per salvare il sistema produttivo marchigiano non basteranno l’ingegno e i sacrifici degli imprenditori: servirà una politica industriale capace di sostenere le piccole e medie imprese diffuse sul territorio sia con i Fondi europei sia con risorse importanti del Bilancio regionale”.

All’iniziativa di Jesi hanno partecipato, oltre a Fortuna e Tiranti, il presidente della Banca Popolare di Ancona Corrado Mariotti, il direttore del Centro Einaudi Giuseppe Russo, Ilario Favaretto direttore del dipartimento di Economia dell’Università di Urbino e il Pro rettore dell’Università Politecnica delle Marche Gianluca Gregori. I lavori sono stati conclusi dal direttore generale della Banca Popolare di Ancona Nunzio Tartaglia.

 

“Un disperato bisogno di crescere”, marchigiani sempre più poveri

“Nell’ultimo decennio i marchigiani si sono impoveriti ed hanno visto il reddito per abitante scendere da 27.966 a 27.172 dollari. Nella graduatoria delle 96 regioni europee più ricche, le Marche sono passate dal trentaseiesimo al quarantaquattresimo posto mentre tutte le regioni italiane hanno perso posizioni ed oggi stanno peggio di dieci anni fa” . Lo ha affermato Giuseppe Russo, direttore del centro Einaudi nel presentare il XIX Rapporto sull’economia globale e l’Italia.

Nella classifica delle regioni italiane per reddito procapite, le Marche si piazzano al dodicesimo posto davanti all’Umbria (24.717 dollari) ed alle regioni del Sud. Al primo posto la provincia autonoma di Bolzano (39.423 dollari) seguita dalla Lombardia (35.374 dollari) e dalla Valle D’Aosta (35.120). Fanalino di coda la Campania che, con 16.700 dollari di reddito procapite, è ultima anche tra le regioni europee mentre la Calabria è penultima con 17.100 dollari e la Sicilia terz’ultima regione più povera d’Europa con un reddito per abitante di 17.295 dollari.

“Si tratta” ha commentato Russo “di redditi lontanissimi da quelli degli abitanti di Amburgo, primi

In Europa con 57 mila dollari, seguiti dai parigini con 50 mila dollari e dai viennesi che si fermano, si fa per dire, a 47 mila dollari di reddito procapite.”

Ecco perché nelle Marche e in tutte le regioni italiane, per usare le parole del Centro Einaudi, c’è “un disperato bisogno di crescere”, spezzando il circolo vizioso della crisi. Secondo Russo e Deaglio servono misure volte a stimolare la domanda ed a rilanciare gli investimenti, in particolare quelli nelle costruzioni, che sono, insieme agli investimenti fissi negli impianti e macchinari delle imprese, la componente della domanda che è maggiormente mancata all’appello della ripresa. Le condizioni, sostiene il “XIX rapporto sull’economia globale e l’Italia”, ci sono perché le famiglie in Italia hanno una ricchezza finanziaria di 3.500 miliardi di euro contro soli 900 miliardi di passività finanziarie. Inoltre nel 2014 il risparmio delle famiglie è tornato a crescere ed ha superato il 12,4 per cento del reddito disponibile, riallineandosi alla media europea. Ma occorre rendere conveniente investire, attraverso detrazioni e incentivi fiscali e facendo ripartire la domanda interna.

Marche, rallentano le costruzioni ancora in difficoltà

Il calzaturiero ed i servizi mentre riparte il tessile

Il 2014 ha registrato una sostanziale stabilità del fatturato (+0,5) per le imprese sotto i 20 addetti. A sei anni di distanza dall’inizio della crisi siamo ancora lì, con l’artigianato che ha perso dalla fine del 2008, il 32,2 per cento del fatturato. Con la conseguenza che le imprese alla fine del 2014, hanno ridotto pesantemente gli investimenti e le spese per consumi (-3,2) e per le retribuzioni (-0,9). Con il segno meno anche le spese affrontate dalle aziende per la formazione (-3,9) e per le assicurazioni (-1,8). Lo ha affermato Ilario Favaretto, direttore del dipartimento di Economia dell’Università di Urbino, presentando i dati dell’Osservatorio “Trend Marche”.

A rallentare nella seconda parte del 2014 ed anche nei primi mesi del 2015, sono soprattutto il terziario (fatturato da +4,1 a +0,4 per cento) e le costruzioni (da +2,4 a +1 per cento). In particolare i servizi perdono il 4,4 per cento di fatturato in sei mesi. Continua invece ad aumentare il fatturato nei trasporti (+3,3) e nella riparazione di veicoli (+1,3).

Nel manifatturiero, invece, la leggera diminuzione di fatturato di fine 2014 (-0,3%) conferma il segno negativo per l’intero 2014 pur indicando un alleggerimento della tendenza (nel primo semestre era -1,4%). In forte crescita il tessile abbigliamento (+20,4 per cento) mentre proseguono le difficoltà del calzaturiero (-5,3) e crolla il fatturato per gli alimentari (-11,1). Dopo sei semestri negativi consecutivi lancia timidi segnali di ripresa la meccanica (+0,6) mentre è fermo il mobile (+0,2).

 

Agroalimetare e turismo, da qui può partire la rirpesa

Nell’anno di Expo 2015, le Marche hanno grandi potenzialità per agganciare la ripresa utilizzando come volano i settori dell’agroalimentare e del turismo. Lo ha affermato il prorettore dell’Università Politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori, illustrando il focus di Trend Marche su “Il made in Italy: quali opportunità per le piccole imprese turistiche ed agroalimentari marchigiane”.

Nelle Marche le imprese dell’artigianato alimentare sono 3.136. pari al 26,7 per cento del totale delle imprese alimentari. Il comparto più consistente è quello della ristorazione e dei cibi di asporto (40,5 per cento), seguito da pasticcerie, panifici e gelaterie artigianali (37,1), pastifici (10,5) e conservazione e lavorazione di prodotti a base di carne (3,3).

Da sottolineare come l’attività delle imprese alimentari marchigiane sia strettamente legata alle produzioni di qualità. Nella nostra regione vi sono 6 prodotti Dop e 6 Igp che coinvolgono 186 aziende di cui 123 operanti nella trasformazione di carni fresche, pari al 14,1 per cento del totale nazionale.  In questa classifica le Marche sono precedute solo da Toscana (23,8) e Campania (15,6).

Le imprese dell’artigianato contribuiscono in maniera determinante all’export dei prodotti alimentari, sia direttamente sia come subfornitrici di imprese committenti esportatrici. Nel 2014 l’export alimentare marchigiano è stato di 150,9 milioni di euro, con un calo di 17,4 milioni di euro rispetto all’anno precedente. Un calo imputabile quasi interamente ai mercati asiatici che hanno registrato un crollo dell’export alimentare marchigiano del 43,7 per cento, pari a 16,6 milioni di euro.  Si tratta di mercati da riconquistare, utilizzando al meglio le opportunità offerte da Expo 2015, mentre va consolidato l’export alimentare nei Paesi europei che lo scorso anno è aumentato del 3,1 per cento, con punte del 20 per cento nel Regno Unito, del 15,9 in Germania e del 13,3 in Francia. Positive anche le vendite negli Stati Uniti (+5,5).

Dall’indagine empirica tra le imprese dell’agroalimentare marchigiano, sono emerse le esigenze di innovazione e internazionalizzazione per aumentare la competitività. Forte anche l’esigenza di “pesare” di più sui mercati esteri attraverso contratti di rete e alleanze tra imprese.

Strettamente connessa a quella agroalimentare è l’offerta turistica che nelle Marche coinvolge  9.434 imprese artigiane della moda, artistico, enogastronomia, servizi, trasporti e strutture ricettive. Un businnes, quello del turismo nella nostra regione, che negli ultimi dodici mesi ha visto oltre 18 milioni di presenze con una spesa di 560 milioni di euro di cui 325 potrebbero andare nelle tasche degli artigiani marchigiani, che hanno tutte le carte in regola per intercettare la domanda di qualità dei turisti. Oggi siamo ancora lontani da queste cifre  ma si tratta di obiettivi realistici, se saremo in grado di creare percorsi turistici che sappiano coinvolgere gli artigiani marchigiani e promuovere le loro produzioni. Soprattutto all’estero ma anche nelle altre regioni italiane.