La crisi, ma anche il processo di concentrazione, unito alla terziarizzazione, che sta coinvolgendo anche l’economia del nostro territorio. L’effetto è uno solo: la progressiva diminuzione delle imprese, in particolare di quelle artigianali. “Aziende – osserva Lorenzo Zanotti, presidente di CNA Forlì-Cesena – che, anche in un passato molto recente, hanno rappresentato una scuola formativa importante, dove i lavoratori si preparavano a diventare gli imprenditori di domani. E che hanno rappresentato una componente importante del benessere che ha contraddistinto il nostro territorio”.
I numeri sono impietosi: in soli sette anni, da inizio 2009 al 2015, le imprese attive iscritte all’Albo Artigiani di Forlì-Cesena sono passate da 14.197 unità a 12.396. Un calo di 1.800 imprese, pari al -12,7%, più di 250 all’anno! Che significa, mediamente, -132 all’anno nel comprensorio di Cesena e -126 in quello di Forlì. Una diminuzione ben superiore a quella delle imprese complessivamente in attività, scese anch’esse, ma del -7,5%. Il peso delle imprese artigiane sul totale delle ditte attive è sceso del -2% (-1,8% a Cesena e -2,1% a Forlì).
“Un andamento – continua Zanotti – che si trova rispecchiato anche nell’evoluzione della nostra compagine associativa. CNA, che è nata come associazione degli artigiani, ha visto negli ultimi anni aderire anche molte imprese di ambiti diversi, pensiamo a commercio, industria e anche alle nuove professioni. Tanto che, nel complesso, l’incidenza degli artigiani tra gli associati CNA è passata negli ultimi 7 anni dal 70,5% al 61%”.
L’Ufficio Studi di CNA, elaborando i dati della Camera di Commercio di Forlì-Cesena, ha anche cercato anche di evidenziare i settori nei quali si è concentrato questo calo.
In generale, rispetto al calo medio del -7,5%, ci sono settori che sono calati fino a 8 volte tanto: pensiamo all’alimentare (-55,5%), ma anche alla meccanica (-26,8%) e ai trasporti (-19,3%). Una tendenza che si conferma, accentuata, anche per le imprese artigiane di questi settori. Guardando i numeri assoluti, un dato drammatico sono senz’altro le circa 1.000 imprese del comparto costruzioni che sono venute meno.
Di contro, si registra una controtendenza nella crescita dei servizi alla persona (+10,3%, e +3,5% tra le artigiane).
Guardando, infine, l’incidenza delle imprese artigiane sul totale, che mediamente ricordiamo è calata del -2%, troviamo situazioni diverse: se calano, ad esempio, alimentare (-16%), meccanica (-8,5%) e costruzioni (-5%), crescono commercio e riparazione veicoli (+6,1%), legno (+2,3%) e seppur in maniera contenuta la moda (+0,7%).
“Dietro a queste cifre ci sono numerose cause – sottolinea Zanotti – rispetto ad alcune di queste i margini di manovra sono limitati: i processi di aggregazione aziendali e la terziarizzazione che caratterizza le economie occidentali sono tendenze ormai acclarate. Ma per altri aspetti è possibile intervenire a livello locale. Innanzitutto occorre avere la consapevolezza che la perdita di imprese artigiane si traduce in una depauperamento generale della nostra comunità, sia in termini di ricchezza, di benessere, che di professionalità. Possiamo tranquillamente calcolare che quasi 1.800 aziende di questo tipo valgano una perdita di almeno 4.700 addetti, tra dipendenti e titolari. Un dato che dà la misura del loro radicamento territoriale. Ma c’è tutto un mondo di professionalità che rischia di essere perduto per sempre”.
Altra strada per agevolare la sopravvivenza delle imprese artigiane e preservarne le professionalità è la facilitazione del passaggio d’impresa. Oggi, infatti, il passaggio di un’azienda ai figli o al coniuge è equiparata ai fini della tassazione ad una successione e quindi con costi ridottissimi; se la stessa impresa viene donata agli altri familiari, o ceduta ai dipendenti, i costi fiscali del passaggio lievitano a livelli assurdi. Per questo, la strada indicata da CNA per favorire le cessioni di aziende è l’equiparazione di quest’ultima al conferimento d’azienda, dove il cedente non paga alcuna imposta mentre chi subentra paga imposte fisse e sostitutive limitate.
Per ultimo, ma non ultimo, i temi fiscali, ormai un mantra (spesso inascoltato) per le pmi. Conclude Zanotti: “Oggi c’è una disparità di trattamento da questo punto di vista: alle grandi imprese sono consentite azioni – come il trasferimento fiscale all’estero – che non sono nelle disponibilità dei piccoli, e ciò rappresenta una penalizzazione. Senza contare che alcune imposte – su tutte l’IMU – si accaniscono in particolare sulle aziende artigiane manifatturiere e su quelle che, per la propria attività, hanno bisogno di capannoni più grandi. Anche questo rappresenta una distorsione. Senza dimenticare il peso complessivo della tassazione, che toglie risorse agli investimenti e allo sviluppo”.