Artiterapeuta, chinesiologo, cuoco, educatore e istruttore cinofilo, perito e liquidatore assicurativo, wedding planer, tributarista.  Sono soltanto alcuni degli oltre trenta mestieri che si occupano di servizi per le imprese e per le persone. Molti sono nati di recente seguendo le mode e le esigenze del mercato. Altri sono sempre esistiti. Per loro non esistono ordini professionali a tutelarli. Lavorano in una terra di nessuno. La Cna dal 2015  ha costituito un Osservatorio permanente che ogni  anno realizza una indagine sul settore e presenta proposte a tutela di questi professionisti senza professione.

Complice la crisi che ha costretto molti a inventarsi nuove attività, tra il 2009 e il 2015 i cosiddetti “professionisti non ordinisti” sono aumentati del 28 per cento. Nelle Marche, solo lo scorso anno, il loro numero è passato da 7.798 a 8.459, con una crescita di 661 unità pari all’ 8,5 per cento e contribuiscono al pil regionale per 123 milioni di redditi complessivi. 

In Italia questi professionisti senza professione, non organizzati in ordini o collegi, sono passati da 291.373 a 313.174 con una crescita di 21.801 persone pari al 7,5 per cento.

“Non si tratta” precisano il presidente di Cna Marche Gino Sabatini e il segretario Otello Gregorini “di professionisti di serie B rispetto a quelli inquadrati negli ordini professionali. Posseggono, di regola, un solido curriculum di studi e formazione: quasi il 54 per cento è laureato, con punte che sfiorano l’88 per cento nel caso degli artiterapeuti e il 98 per cento tra i chinesiologi. Sono giovani, con un’età media di 46 anni  e oltre il 60 per cento esercita l’attività come libero professionista in via prevalente.”

Dall’indagine della Cna emerge che, se per esercitare la propria attività poco più del 25 per cento dei professionisti ha dovuto seguire un percorso formativo specialistico, un altro 54,3 per cento si è formato in via facoltativa. Quasi l’80 per cento dei professionisti non ordinistici, insomma, ha conseguito diplomi, abilitazioni o altri titoli aggiuntivi e diversi da quello di studio previsti per svolgere la propria attività.

Significativa è anche la componente femminile delle professioni non ordinistiche: a esercitare sono per il 40,2 per cento donne, contro il 59,8 per cento di uomini.

Sono molti ma guadagnano poco. Nelle Marche denunciano un reddito medio di 14.547 euro, in crescita rispetto ai 13.330 euro dell’anno precedente ma comunque inferiore alla media nazionale di 17.086 euro. A guadagnare di più sono i lombardi con 21.062 euro e ultimi i calabresi con appena 9.799 euro. Va però sottolineato che solo il 63 per cento svolge la propria attività in via prevalente mentre un terzo di loro integra il reddito con altre attività.

Complessivamente più della metà dei professionisti non arriva a 20mila euro l’anno lordi, e solo 2 su 10 riescono  ad avere oltre 100 clienti, mentre la maggioranza non supera i 20. Ma si tratta di clienti che, secondo l’indagine Cna, prestano grande attenzione alla qualità dei servizi offerti dai professionisti: nel 60 per cento dei casi, con punte dell’80 per cento se si tratta di servizi per la salute, viene chiesto di mostrare i titoli attinenti alla loro qualificazione professionale.

“Li incontriamo tutti i giorni. In questi anni, in silenzio ma tenacemente, hanno contribuito ad evitare che l’occupazione nel nostro Paese franasse quando la crisi mordeva più forte. Ora” sostengono Sabatini e Gregorini “vanno aiutati a crescere approvando rapidamente il disegno di legge presentato lo scorso anno che prevede per il lavoro autonomo non imprenditoriale la deducibilità delle spese di formazione, la tutela di gravidanza, malattia ed infortuni e la tutela contro i ritardati pagamenti. Inoltre va favorita l’aggregazione tra professionisti per aiutarli a crescere agevolarne l’accesso ai bandi di gara”