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Bad bank, CNA: “Alle imprese gli stessi diritti delle banche”

L’Associazione degli Artigiani e delle PMI di Treviso chiede l’istituzione di una sorta di bad company con garanzia pubblica anche per i crediti deteriorati delle aziende

Una bad company per i crediti deteriorati delle imprese, con particolare attenzione alle micro e piccole imprese. Lo chiede la CNA provinciale di Treviso, mentre il governo italiano, dopo l’importante accordo con la UE, si prepara a varare le norme che definiscono un meccanismo di garanzia utile a smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, la cosiddetta bad bank.

«Anche le imprese hanno crediti deteriorati: sono quelli prodotti dai clienti che non pagano – commenta Giuliano Rosolen, direttore della CNA provinciale di Treviso -. Le imprese hanno una funzione sociale tanto quanto le banche, che devono tutelare il risparmio: le imprese producono ricchezza e posti di lavoro, ed è questa loro vocazione sociale che va salvaguardata. Bisogna tutelare le imprese che non vengono pagate dai committenti perché altrimenti si depauperano e rischiano di innescare una catena dei fallimenti che incide pesantemente sulla salute del nostro sistema produttivo e sociale. Ad oggi non ci sono strumenti validi e rapidi per il recupero delle sofferenze e non si riesce a sanzionare in modo adeguato chi, non pagando, mette in difficoltà il proprio fornitore, in molti casi fino al fallimento».

E una strada percorribile potrebbe essere, appunto, fare per le aziende un meccanismo simile alla bad bank individuando un sistema di garanzie pubbliche a tutela delle imprese che hanno crediti in sofferenza. Nella nostra regione, il Veneto, sul sistema delle garanzie potrebbe avere un ruolo importante Veneto Sviluppo, la finanziaria regionale.

Ma la CNA si spinge oltre. E propone oltre alla bad company anche la creazione di una sorta di centrale rischi delle sofferenze d’impresa, in cui siano raccolti i nominativi di tutti gli insolventi a qualsiasi titolo nei rapporti commerciali tra privati. Oggi sono informazioni che è difficile ricavare se non mettendo in campo operazioni di business intelligence che non tutte le aziende posso permettersi.

«Le aziende si trovano sole a gestire questi problemi, senza nessun tipo di aiuto – conclude Rosolen -. Avviare una pratica di recupero crediti è costoso e spesso inefficace; finire in tribunale significa dover aspettare anni per vedersi riconosciuta giustizia. Prevenire è l’unica strada. E avere dati e informazioni aggiornate sui clienti è sempre più strategico. La privacy è sacrosanta ma dobbiamo essere disponibili a sacrificarne una parte in nome della legalità, perché la legalità è il prerequisito per lo sviluppo».

Un altro passaggio essenziale per la CNA è l’inclusione nel meccanismo di bad bank delle sofferenze dei confidi, che garantiscono l’accesso al credito alle imprese, riducendo la rischiosità per le banche. 

«Il risultato ottenuto ieri l’altro a Bruxelles dal ministro dell’Economia Carlo Padoan in tema di cartolarizzazione dei prestiti delle banche è determinante per la ripresa del credito all’economia, soprattutto per le piccole imprese che, secondo i dati della Banca d’Italia, ricevono finanziamenti solo per il 30 per cento del totale pur rappresentando il 99,9 delle imprese italiane – aggiunge il direttore della CNA di Treviso -.  Ma è importante che, per dispiegare appieno i suoi effetti positivi, la soluzione adottata tenga conto anche della garanzia rilasciata dai confidi alle banche per favorire l’accesso al credito e includa quindi le sofferenze dei confidi che in questi anni hanno svolto una importante attività anticiclica». 

 

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