Exploit positivo dell’export sardo nel primo semestre del 2024: nell’ultimo trimestre si è registrata una variazione che, nel totale dei primi sei mesi, è arrivata al +18,8% rispetto allo stesso periodo del 2023. Il valore complessivo dei prodotti isolani venduti all’estero è passato da 3,2 miliardi a 3,8 miliardi: un guadagno di oltre 600 milioni di euro. Lo si evince da un dossier del Centro Studi della CNA Sardegna che attesta un netto cambio di marcia dell’export nell’anno in corso. Va detto però che il secondo trimestre del 2023 era stato il peggiore degli ultimi 11 trimestri, circostanza che contribuisce a spiegare una performance così brillante su base annua.
“Se la seconda parte dell’anno dovesse confermare le tendenze positive, il 2024 potrebbe chiudersi con un bilancio non distante dagli 8 miliardi di euro, cifra da confrontare con il record di 8,9 miliardi registrato nel 2022 – evidenziano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario della CNA regionale – Da notare, inoltre, che, se si esclude il settore della raffinazione petrolifera che rappresenta oltre l’81% del totale, la crescita annua dell’export si amplifica, arrivando a quasi il +30%. Uno dei motori è sicuramente l’agroalimentare (+10,2%), che ha fatto registrare una nuova espansione dopo cinque anni di crescita ininterrotta. Restando nell’ambito manifatturiero: bene il settore chimico-farmaceutico, in netta ripresa (+39%) dopo il crollo del 2023; ancora positivo l’andamento del settore della lavorazione dei metalli (+65%); bene macchinari e apparecchiature (+50%), così come il tessile (+26%). Arretrano, di contro, le vendite di prodotti in legno, carta e stampa (-13,1%) e prodotti di minerali non metalliferi (-15,6%)”.
“I dati riportati dalla ricerca – proseguono Tomasi e Porcu – si riferiscono al valore delle vendite valutati a valori correnti; dunque, come vedremo in seguito una parte della crescita osservata è da imputare alle dinamiche dei prezzi. Se ad esempio si prende in considerazione la situazione del primo semestre 2019 (prima dell’esplosione della crisi sanitaria e prima dell’impennata dei prezzi dell’ultimo biennio) la crescita dell’export isolano passerebbe dal +43% valutato a prezzi correnti (I semestre 2024 su I semestre 2019) al più modesto +9,5% a prezzi costanti; in altre parole, oltre il 78% della crescita osservata è da attribuirsi all’inflazione dei prezzi. Se valutato ai prezzi del 2019 sulle quantità reali la dinamica del nostro export diventerebbe negativa a riprova della difficoltà del nostro export a ritagliarsi nuovi spazi nei mercati internazionali e a far crescere anche i volumi e redditività”.
Sono tre i settori che hanno sperimentato la crescita dei prezzi di vendita più sostenuta: agroalimentare, settore della lavorazione del petrolio e lavorazione dei prodotti in metallo.
La ricerca della CNA sarda evidenzia inoltre che una parte significativa della crescita dell’export regionale degli ultimi cinque anni è da attribuire a una sola voce, ovvero “merci dichiarate come provviste di bordo, merci di ritorno e respinte e merci varie”; si tratta di merci impiegate nel contesto del trasporto marittimo o aereo. Se eliminiamo questa voce dal totale, rispetto al 2019 il livello dell’export regionale, al netto della variazione dei prezzi, sarebbe persino in diminuzione: -5,2%. In sostanza, a uno sguardo più attento (valutando le quantità piuttosto che i valori di vendita) l’exploit dell’export regionale degli ultimi cinque anni appare meno convincente, a testimonianza di un settore produttivo che, anche nei suoi settori trainanti – anche la performance dell’agroalimentare è da attribuire in larga parte alla dinamica di crescita dei prezzi di vendita – fatica a ritagliarsi nuovi spazi nei mercati internazionali.
Come detto, alla fine del primo semestre 2024, rispetto allo stesso periodo del 2023, l’export regionale ha fatto registrare una crescita brillante pari al +18,8% in valore. Al netto di esportazioni petrolifere la crescita lievita al +28,8%; espungendo anche la voce merci dichiarate come provviste di bordo, merci di ritorno e respinte e merci varie, la crescita si attesta al +22,3%.
Il manifatturiero
In ambito manifatturiero, il primo semestre del 2024 ha confermato l’ottimo stato di salute del comparto agroalimentare, il quale, rispetto allo stesso periodo del 2023, ha misurato una crescita superiore al 10%. Dopo un primo trimestre sottotono, sono ripartite le vendite di prodotti in metallo (+65,3% su base annua). Dati incoraggianti anche per il settore delle sostanze e dei prodotti chimici, che, dopo il crollo del 2023, ha chiuso la prima parte dell’anno con un buon +38,7%. Bene anche il settore dei macchinari (+49,9%), quello dei mezzi di trasporto (+104%) e il tessile (+25,9%). Nel semestre, arretrano legno e carta (-13,1%) e articoli in gomma, plastica e minerali non metalliferi (-15,6%).
L’agroalimentare
In ambito agroalimentare, per tutto il primo semestre dell’anno in corso i prodotti lattiero-caseari hanno continuato a farla da padrone (+8,5% in valore primo semestre 2024), a testimoniare della buona tenuta della domanda internazionale di formaggi sardi e derivati. In flessione, di contro, il settore pastaio e dei prodotti da forno (-3,1%), comparto che veniva da un 2023 poco brillante (-8,9% su base annua). L’anno passato aveva registrato anche il calo delle vendite, in valore, di vini e bevande (-6,0%); l’industria vinicola regionale, tuttavia, registra un segnale confortante nella prima parte dell’anno in corso, con una crescita dei valori esportati superiore al +8%. Si confermano le ottime performance del settore oleario; questo comparto si sta rapidamente guadagnando uno spazio importante nel bilancio dell’export regionale agroalimentare; basti dire che il 2023 si era chiuso con un brillante +12,2%, che ha portato il valore dell’olio sardo venduto all’estero a superare i 6,7 milioni di euro, un dato che, alla fine dell’anno in corso, potrebbe persino essere superiore; basti dire che le esportazioni di olii sardi sono aumentate in un semestre del +56%, un dato che corrisponde a oltre 1,5 milioni di euro in più di vendite rispetto alla prima parte del 2023.
I dati sul valore delle vendite estere di prodotti caseari sono ancora più positivi se si osserva che nella media del semestre appena passato i prezzi di vendita si sono mostrati in flessione. Limitandosi al caso del pecorino, dopo un prolungato periodo di crescita, nel corso del 2024 il prezzo unitario si è attestato, a giugno, a circa 13,4 euro al chilogrammo, oltre un euro in meno rispetto al picco di giugno 2023 (15,1 euro/kg). Questo significa che la crescita delle vendite di pecorino e dolce sardo nel primo semestre del 2024 è stata “reale”, con un aumento delle quantità vendute pari all’11,9%. Nel dettaglio, i 131,9 milioni di euro venduti globalmente all’estero nella prima parte dell’anno in corso (qui si considera tutto il pecorino e dolce sardo, anche la quota prodotta fuori dall’Isola) corrispondono a circa 9,9 mila tonnellate di prodotto, da confrontare con le 8,8 mila commercializzate nello stesso periodo del 2023. Resta da capire se questa tendenza (calo dei prezzi e aumento delle quantità vendute) si confermerà anche nei mesi a venire.
Le dinamiche dei prezzi
La dinamica del valore delle esportazioni è determinata sia dalla variabilità delle quantità vendute sia dall’evoluzione dei prezzi di vendita. Viene allora da chiedersi in che modo l’exploit dell’export regionale dell’ultimo quinquennio sia stato influenzato da queste due componenti. Rispetto allo stesso periodo del 2019 (prima dell’esplosione della crisi sanitaria e dall’aumento dei corsi energetici) il volume delle esportazioni regionali ha fatto registrare un notevole incremento, pari al +43,7%; nel primo semestre del 2024, infatti, il valore delle vendite all’estero è arrivato a 3,8 miliardi di euro, da confrontare con i 2,7 miliardi registrati nel periodo corrispondente del 2019; si tratta di oltre 1,2 miliardi di euro di maggiori incassi valutati a valori correnti. Se però si fissano i prezzi dei prodotti a quelli del 2019, l’incremento si riduce al +9,5% (2,9 miliardi nel primo semestre 2024, a valori 2019, contro 2,7 miliardi nel 2019). In altre parole, si può dire che oltre il 78% della crescita dell’export regionale tra 2024 e 2019 sia da imputare alla variazione dei prezzi. Entrando nel dettaglio dei singoli prodotti, sono tre i comparti che hanno sperimentato la maggiore crescita dei prezzi: il primo è il comparto agroalimentare, la cui dinamica (+61,4% a valori correnti), valutata in quantità reali, diventa addirittura negativa (-12,7%). Discorso analogo per il settore della raffinazione petrolifera, che da una crescita quinquennale del +41,2% valutata a valori correnti, passa a un calo del -1,3% a valori costanti. Il settore metallurgico e della lavorazione dei metalli mostra un’oscillazione anche più marcata, passando da una crescita del +53% a valori correnti ad un calo del -46% a valori costanti. Anche nel settore chimico si riscontra un fenomeno simile, sebbene meno accentuato (dal +11,3% al -13,6%).