Per i calzaturieri del Fermano la situazione, nelle settimane di fiere nostrane ed estere, è al limite: le garanzie per il futuro scarseggiano, i freddi numeri parlano chiaro e sono poche le buone notizie sul fronte della sopravvivenza del comparto.
L’associazione, sulla base delle istanze degli artigiani, ha sempre puntato l’attenzione sulle priorità per il settore, facendole presenti a istituzioni e mondo della politica.
“L’export calzaturiero marchigiano è in forte calo nel 2016: -5,6% secondo le stime del Centro Studi di CNA Marche – ricorda il Presidente Provinciale Paolo Silenzi – dato a cui si affianca il -2,6% dell’abbigliamento e l’1,5% del tessile. La difficoltà del sistema moda marchigiano è riferibile in primo luogo al mercato russo, sul quale l’export marchigiano segna un -10,8%: tradotto in euro si tratta di un taglio di oltre 34 milioni, di cui il 63% relativo a calzature e articoli in pelle”.
Ma gli affari sono andati male anche in Turchia, dove abbiamo perso il 13,8% pari a 27,6 milioni di euro; le imprese marchigiane hanno perso quote di mercato anche a Hong Kong (-7,3), oltre che in Gran Bretagna (-5,8), Cina (-3,9) e Olanda (-3,6). In un quadro del genere, la nota positiva è rappresentata dalla crescente presenza dei prodotti manifatturieri marchigiani in Francia (+4,5%), Stati Uniti (+6,3), Svizzera (+8,1) e Romania (+4,6).
Pesano le sanzioni nei confronti della Russia, recentemente rinnovate per ulteriori sei mesi: il comparto moda di CNA denuncia da tempo la paradossalità di sanzioni che, più che nuocere a chi le riceve, danneggiano, e in maniera pensante, coloro che le impongono.
“La situazione è insostenibile – afferma Silenzi – e determinata dagli effetti dell’embargo deciso dai russi come reazione alle sanzioni dell’Unione Europea e dagli Usa nei loro confronti dopo la crisi ucraina. La rimozione delle sanzioni è necessaria, non è più rinviabile”.
Una denuncia che riguarda tutto il distretto produttivo calzaturiero fermano – maceratese e fa il paio, purtroppo, con l’altro grande aspetto che colpisce le imprese: la mancata tutela della produzione made in Italy.
“A che punto siamo con la modifica del regolamento europeo? Non ci sono novità – dice Gianluca Mecozzi, Presidente Provinciale di CNA Federmoda – soprattutto se chi cavalca questo tema solo in campagna elettorale poi finisce per dimenticarsene. Perché? Come si può ignorare un passaggio cruciale per la nostra economia? Da presidente del comparto moda di CNA intendo parlare chiaro: il distretto si salva solo con la tutela del made in Italy”.
Il cliente finale, riferiscono gli imprenditori, è sempre più confuso, non riesce a distinguere cosa è davvero made in Italy da cosa non lo è e la tracciabilità delle fasi di produzione diventa strategica: “La certificazione – aggiunge Mecozzi – della produzione in Italia deve essere quantomeno gratuita ed è comunque l’unica via per fare il salto di qualità, non certo la normativa vaga e generatrice di confusione”.
“L’argomento sarà posto all’attenzione della Presidente della Provincia Moira Canigola, nell’incontro richiesto insieme alle altre associazioni di categoria e sindacali – concludono Silenzi e Mecozzi – ma la CNA è disponibile anche ad avviare un tavolo permanente per la discussione della tutela del made in Italy, con tutti i soggetti interessati”.