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CNA al Foglio: un patto tra Stato, imprese e cittadini per la casa green

href="https://www.freepik.com/free-photo/3d-house-design_879664.htm#query=energy%20efficiency%20house&position=3&from_view=search&track=ais">Image by kjpargeter on Freepik

L’avvio dei lavori dell’Europarlamento sulla direttiva per l’efficientamento energetico degli immobili ha generato in Italia una serie di polemiche e prese di posizione che rientrano in una consumata liturgia ma hanno poco a che fare con il merito di una questione di assoluta rilevanza politica, economica e culturale. È quanto scrivono sul quotidiano Il Foglio, la vicepresidente nazionale CNA, Elena Calabria, e il Segretario Generale Otello Gregorini.

Non sorprende che il vivace dibattito che si è acceso nel nostro Paese riguardi un punto di cui non c’è traccia nello schema di direttiva approvato dal Consiglio dei ministri UE (dopo un lungo e faticoso negoziato) e approdato all’Europarlamento. La direttiva non prevede sanzioni o restrizioni per gli edifici che non saranno in regola con gli standard minimi di efficienza energetica (divieto di vendita o di affitto). Saranno i singoli Stati a dover definire gli strumenti e le misure per raggiungere gli obiettivi intermedi.

È ormai sperimentato che sanzioni e divieti in genere sono scarsamente efficaci per stimolare comportamenti virtuosi, tanto più nel caso specifico del patrimonio immobiliare pubblico e privato. Al tempo stesso è impensabile non programmare politiche mirate in materia di transizione green sugli immobili, dal momento che assorbono il 40% dei consumi energetici e sono responsabili per il 36% delle emissioni climalteranti. La letteratura legislativa e giuridica inoltre mostra con evidenza che le disposizioni di fonte comunitaria risultano tanto più efficaci quanto più sono flessibili lasciando ai singoli Stati la libertà di declinarle in funzione delle proprie caratteristiche.

Il patrimonio immobiliare italiano necessita di un profondo intervento di riqualificazione, sia per ridurre le emissioni e far costare meno le bollette e sia per la messa in sicurezza rispetto alle calamità naturali come i terremoti e le alluvioni che solo negli ultimi 13 anni hanno provocato costi superiori a 50 miliardi di euro oltre a quelli incalcolabili per le perdite di vite umane. Edifici più sicuri e meno inquinanti rispondono inoltre all’obiettivo più complessivo di riqualificazione urbana e valorizzazione delle nostre città.

Per il nostro Paese si tratta di mettere ordine a un sistema di incentivi eterogeneo che soffre di instabilità temporale e bulimia normativa. Come CNA, da anni sosteniamo che gli ecobonus, nonché gli incentivi per dare impulso alle rinnovabili producono molteplici effetti molto positivi: generano la crescita e l’occupazione in settori fondamentali, stimolano l’innovazione, il contrasto ai lavori “in nero” e favoriscono il processo di efficientamento energetico e di riqualificazione urbana.

In particolare, il percorso di riqualificazione del parco immobiliare europeo tracciato dalla direttiva trova nelle Pmi che operano nel cosiddetto “comparto casa” uno dei principali attori economici per conseguire gli obiettivi previsti.

La direttiva per gli standard minimi di efficienza energetica rappresenta quindi l’opportunità per siglare un grande patto tra lo Stato, i cittadini e la platea delle imprese con un orizzonte di lungo termine per consentire al paese di realizzare un profondo processo di modernizzazione che sia sostenibile per le finanze pubbliche, le famiglie e il tessuto produttivo.

È evidente che un tale percorso deve essere accompagnato da un piano pluriennale di incentivazione pubblica, da misure stabili e certe, dalla programmazione delle risorse abbandonando la pratica di interventi spot che rendono impossibile misurare i costi e i benefici effettivi. Con un arco temporale a 20 anni e calibrando in modo efficiente gli obiettivi intermedi, l’impegno finanziario sarebbe assolutamente sostenibile per le casse pubbliche e per i privati. E un piano certo e stabile negli anni eliminerebbe le tensioni su prezzi e approvvigionamenti dei materiali consentendo al mercato di funzionare in modo ordinato.

Guardare alla transizione green non in termini di costi e vincoli ma come una opportunità di sviluppo sarebbe un forte input di politica economica e l’architrave per tornare a programmare il nostro futuro.

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