Rivedere la definizione di produttore indipendente per renderla coerente al contesto tecnologico e all’evoluzione del mercato dell’audiovisivo. È quanto ha evidenziato il presidente di CNA Cinema e Audiovisivo, Gianluca Curti, nel corso dell’audizione in commissione lavori pubblici e comunicazione del Senato nell’ambito della discussione sullo schema di decreto sul testo unico dei servizi di media audiovisivi.
Curti ha presentato due proposte di modifica al testo del decreto. In dettaglio ridurre dal 90% al 70% la quota della propria produzione destinata ad un solo soggetto. La seconda riguarda il paradosso di far beneficiare dello status di produttore indipendente società che altro non sono che filiali italiane di conglomerati industriali stranieri.
CNA Cinema e Audiovisivo ha ribadito in audizione l’introduzione di alcuni criteri per la definizione di indipendente: non essere partecipato al 50% o più da impresa di produzione estera o da società e gruppi finanziari nazionali esterni al settore. Inoltre non avere (come società o come soci) contratti continuativi e/o esclusivi anche di consulenza con broadcaster o Ott.
Curti quindi ha sottolineato che “sarebbe irragionevole se il risultato finale delle norme sulla produzione indipendente fosse, al contrario e per assurdo, quello di ostacolare i produttori indipendenti nella creazione di strumenti autonomi di distribuzione e valorizzazione dei propri contenuti”.