Nell’ ottica di un fecondo e ininterrotto confronto ingaggiato da tempo dalla Commissione Trasporti della Camera con le associazioni di categoria più rappresentative del settore, CNA Fita ha palesato l’auspicio di far pervenire con chiarezza il punto di vista delle piccole imprese circa il PNRR.
Per CNA Fita, le risorse destinate all’Italia, in particolare quelle rivolte agli obiettivi a noi più congeniali, debbono tradursi in investimenti necessari alle imprese. E ciò al fine di costruire un nuovo paradigma dell’autotrasporto e, più in generale, della mobilità.
Riteniamo che le sei missioni che compongono il Piano e che configurano specifiche aree tematiche di intervento, siano condivisibili: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.
L’autotrasporto è sicuramente risultato uno dei settori più colpiti dalla pandemia, la quale ha concorso ad acuire le ripercussioni prodotte dai mali di lungo corso, quale la sensibile riduzione della velocità commerciale. L’Italia figura tra i Paesi europei meno competitivi in questa speciale classifica, a causa di una carente strategia manutentiva, ergo da una difettosa programmazione degli interventi. I danni consistono, ovviamente, in costi e spese maggiori per le imprese, costrette ad allungare percorrenze e tempi di consegna e in contraccolpi in termini di sicurezza stradale per l’intera collettività.
La direzione di marcia delineata dal PNRR necessita, quindi, di un’intensa opera di implementazione. Una radiografia del sistema viario della Penisola si è rivelata essere a dir poco impietosa, come evidenzia l’indagine dell’UPI. I livelli di efficienza del sistema viario italiano potrebbero, infatti, essere innalzati laddove venisse materialmente realizzato l’archivio nazionale delle strade. La sicurezza, d’altro canto, è una questione troppo importante per poter essere affrontata tramite interventi estemporanei. Sarebbe quanto mai auspicabile una presa d’atto da parte del PNRR affinché venga inserita nel testo finale del Piano una misura stringente tesa all’entrata a regime del catasto delle strade.
In tema di nuove infrastrutture è divenuto centrale il bisogno di poter fare affidamento su hub logistici all’avanguardia che ci aiuterebbero, tra le altre cose, a ripensare il ruolo delle periferie urbane italiane. Inoltre, per gestire ordinatamente i flussi di traffico, ovviare alle attività di manutenzione, garantire un’adeguata velocità commerciale e migliorare la sicurezza di autotrasportatori e utenti, si rivela indispensabile che il Piano contempli la realizzazione di corsie preferenziali per il trasporto di merci, alla stregua di come proposto dal Consiglio europeo dei trasporti. Una posizione di maggior tutela della circolazione stradale e autostradale assicurerebbe, per di più, tempi certi nell’approvvigionamento di medicinali e generi di prima necessità (come nei casi di estrema emergenza), oltre al superamento di un obsoleto ordine di divieti incidenti sui cosiddetti “mezzi pesanti” e la realizzazione di nuove aree di sosta, con percorsi dedicati tanto per il ristoro che per i servizi, non solo in autostrada.
Quanto alle potenzialità di incremento dei flussi di merci, soprattutto provenienti dall’Est (Medio Oriente), risultano notevoli. Lo si deve anche ai nostri porti, che rappresentano uno dei più importanti volani di sviluppo per il nostro Paese. Si conviene, pertanto, sulla decisione operata dal PNRR di dedicare ai porti d’Italia una linea di intervento ad hoc. Occasione, insomma, per superare l’attuale impianto del mare bonus per quanto riguarda la distribuzione degli incentivi tra armatori e imprese del trasporto merci.
Sul tema degli investimenti messi in campo nella digitalizzazione delle infrastrutture di rete elettrica occorrerebbe sfatare il falso mito per cui questi possano produrre effetti immediati data la loro esiguità. La vera alternativa utile, probabilmente, è stata persa di vista, ovvero conseguire la diminuzione delle emissioni attraverso meccanismi di incentivazione che sollecitino la graduale sostituzione dei “mezzi pesanti”. In altri termini, il taglio di emissioni con 4 milioni di auto elettriche si realizzerebbe con appena 190mila Tir Euro 6. Ergo, se lo Stato riconoscesse un contributo del 25% sul prezzo di acquisto, l’onere sarebbe inferiore a 5 miliardi ottenendo lo stesso risultato in termini di taglio di emissioni rispetto ai 40 miliardi necessari per incentivare l’auto elettrica. Il PNRR è un’occasione eccezionale per rinnovare l’intero “parco veicolare pesante” italiano e abbattere – sul serio – le emissioni di CO2. Un intervento che richiede, in ogni caso, il massivo sostegno pubblico. L’argomento del cambio di passo sulle politiche relative ai “mezzi pesanti” deve interrogare il Governo anche sul dossier concernente il rinnovo della flotta dei bus turistici, operazione lungimirante, utile, per prima cosa, al vivere sociale.
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