Le donne sono una componente sempre più dinamica della società e dell’economia italiana. E nella propensione all’imprenditorialità procedono con maggior scioltezza degli uomini, nonostante le tante difficoltà patite quotidianamente. Lo sottolinea l’indagine su “L’imprenditoria femminile in Italia”, condotta dal Centro studi CNA.
Tre milioni gli incarichi al femminile nelle imprese
Lo studio rileva che, nel nostro Paese, sfiorano ormai i tre milioni gli incarichi di vertice affidati a donne. Per la precisione, sono 2.827.515, il 26,7% del totale nazionale. Disaggregando questo dato complessivo, emerge che i ruoli di amministratore ammontano a 1.124.799, a 840.889 quelli di titolare d’impresa, a 620.572 quelli di socie e a 241.418 le altre cariche.
Donne in crescita spinta
Tra il 2017 e il 2018 i ruoli apicali tenuti dalle donne sono cresciuti dell’1%, più di quanto hanno fatto i colleghi maschi: nel loro caso, infatti, l’incremento si è fermato allo 0,4%. Tra le diverse tipologie di ruolo è rilevante l’exploit degli amministratori donne, che hanno surclassato i colleghi: la loro crescita l’anno scorso è stata del 3,1% contro il +1,7% della componente maschile.
Sanità e assistenza sociale sempre più “rosa”
I settori nei quali l’incidenza femminile è aumentata in maniera più marcata sono le attività sanitarie e di assistenza sociale (+9,9%), l’istruzione (+6,1%), le attività legate alla fornitura di energia elettrica, gas e aria condizionata (+5,6%), le attività di trasporto e magazzinaggio (+4,5%) e quelle di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+4,2%).
Le lavoratrici indipendenti
L’indagine del Centro studi CNA ha spaziato naturalmente anche tra le lavoratrici indipendenti. In totale sono 1,4 milioni, pari al 14,6% dell’occupazione complessiva nel nostro Paese.
Un aspetto da rilevare è che per molte donne italiane, a differenza degli uomini, operare sul mercato del lavoro come lavoratrici indipendenti risulta una opzione non semplice e, talvolta, obbligata.
Quando viene richiesto quali siano state le motivazioni che hanno portato a intraprendere la via del lavoro indipendente, il 12,5% delle donne intervistate indica l’impossibilità di trovare un lavoro dipendente e l’8,1% la volontà di disporre di orari flessibili per coniugare al meglio casa e lavoro.
Per gli uomini questi valori risultano più bassi (rispettivamente 9,5% e 7,4%). Inoltre la scelta di diventare indipendenti appare per gli uomini molto meno problematica, basti dire che il 26,1% di essi ha abbracciato il lavoro indipendente avendo l’opportunità di subentrare nell’attività imprenditoriale mentre tra le donne questa motivazione è indicata meno frequentemente (19,8%).
Atro fattore interessante è che in Italia le lavoratrici indipendenti tendono a lamentarsi meno dei loro colleghi maschi, nonostante che appena il 12,2% delle lavoratrici indipendenti dichiari di non incontrare particolari problemi nell’attività quotidiana. Una quota superiore solo a quella della Grecia.
I fattori di ostacolo
Tanti sono i fattori di ostacolo. Tra questi vi è ovviamente la difficoltà di conciliare gli impegni famigliari con la vita professionale e il persistere di opportunità di guadagno economico non soddisfacenti se considerate sia in termini assoluti che rispetto a quelle maschili. Spesso burocrazia e difficoltà di conciliazione sono le cause di discontinuità lavorativa, che si aggiungono a problemi economici legati a pagamenti mancati o in ritardo e ad una fragilità economica diffusa.
Tuttavia, nonostante abbiano di fronte ostacoli ogni giorno, le lavoratrici indipendenti italiane esprimono un grado di attaccamento alla loro attività tra i più alti d’Europa dichiarandosi soddisfatte della propria attività per il 52% del totale, a testimonianza del desiderio naturale e profondo di autonomia ed emancipazione ormai ingenerato dalla parità di accesso agli studi. Una percentuale seconda in Europa solo al Regno Unito, dove però il gender gap risulta essere molto più ridotto.