Il mercato del gioiello si trova di fronte a un nuovo rischio paralisi, e proprio a ridosso della tanto attesa uscita dall’emergenza pandemica. Alla vigilia di VicenzaOro (prevista dal 17 al 22 marzo 2022), rinviata dalla consueta collocazione di gennaio proprio per evitare rischi connessi al picco pandemico, è scoppiata la guerra. Con l’abituale corollario in tempi di crisi e di incertezza: la corsa ai beni rifugio. Il repentino rialzo di queste ore nel prezzo dell’oro è naturalmente l’elemento che più accresce la tensione tra gli operatori.
“Il problema – spiega Arduino Zappaterra, orafo vicentino e presidente nazionale Orafi CNA – non è tanto legato al picco raggiunto dal prezzo, ma proprio alla totale instabilità della quotazione. Oggi si sa a che prezzo si acquista ma non a che prezzo si può vendere, e questo innesca un susseguirsi di stop agli ordinativi che penalizza tutta la catena, comprese le attività artigiane che in buona parte non acquistano direttamente materia prima ma effettuano solo la lavorazione in subfornitura”.
Lo scoppio del conflitto ha drammaticamente accelerato una tensione già innescata dalla crescente richiesta di materie prime e semilavorati seguita alla ripresa economica, a cui non è corrisposta una risposta adeguata in termini di offerta.
“Difficile in questo momento fare previsioni su che VicenzaOro ci aspetta – è l’opinione di Zappaterra –. Di certo, oltre a mancare i buyer russi, verranno meno gli ucraini, che negli ultimi anni rappresentavano una delle nazionalità in maggiore crescita. Il mio auspicio è che, per il bene di tutti, si arrivi presto a un accordo internazionale che metta fine alle ostilità restituendo quella stabilità di cui tutti sentiamo tanto il bisogno“.