La Commissione europea ha pubblicato un documento il 14 gennaio scorso che apre la prima fase di consultazione delle parti sociali su possibili azioni per affrontare le sfide relative al tema dei salari minimi. La CNA, attraverso SME UNITED, ha ribadito come i salari debbano essere definiti dalla contrattazione collettiva secondo le prassi nazionali e non da un intervento normativo.
Non può essere condivisa nessuna individuazione, a livello europeo, di regole e criteri per fissare i parametri delle retribuzioni minime, in quanto questo andrebbe, nei fatti, ad interferire con la libera espressione dell’autonomia sindacale.
La necessità di un’Europa più sociale non può essere soddisfatta da una legislazione che rischia di distruggere sistemi nazionali ben funzionanti, le relazioni sindacali e la contrattazione collettiva.
Al contrario, sarebbe necessario sostenere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, anche al fine di limitare situazioni di dumping tra Stati membri e quindi per garantire un corretto funzionamento del mercato unico. Il dumping sul costo del lavoro fra i vari paesi membri, infatti, avviene non solo attraverso i livelli salariali di base, ma soprattutto attraverso le differenti normative in materia di tutele dei lavoratori, quali ad esempio la sicurezza, la previdenza, l’assistenza sanitaria integrativa e la bilateralità.