“Sui voucher siamo preoccupati perché è un paradosso tutto italiano: quando non si riesce a colpire gli abusi, si toglie lo strumento. Le parti sociali più radicate a vecchi schemi di contrattazione cerchino nello strumento un’opportunità da migliorare più che un male da debellare”. Lo afferma il presidente della CNA del Trentino Alto Adige, Claudio Corrarati.
Adesso è certo: si deve decidere una volta per tutte sul tema voucher. “E lo si fa usando un referendum – prosegue Corrarati – dove però deve esserci corretta informazione. Non è pensabile che l’Italia cambi così la rotta: un Paese in cui ancora è elevata la cultura del mancato rispetto delle regole e del pagamento di prestazioni ai lavoratori senza usare canali ufficiali e rintracciabili non può eliminare senza riflessione uno strumento che ha fatto emergere situazioni prima gestite con il lavoro nero”.
Il sistema delle piccole imprese, soprattutto dell’artigianato, fa un uso modesto dei voucher – assicura il presidente della CNA regionale – solo in pochi settori quando c’è un picco di lavoro o una necessità improvvisa. “Siamo contro l’ipotesi che vengano tolti questi strumenti. Qual è l’alternativa oggi se vogliamo colpire il lavoro nero e favorire l’elasticità di quello regolare?”.
La CNA regionale rimarca la complessità oggi presente nelle norme che regolano il lavoro dipendente e la burocrazia collegata. I voucher semplificano al massimo questi problemi proprio nelle situazioni di necessità brevi e non continuative, sostituendosi ai rapporti non regolarizzati. Percentualmente sono molto poche le ore lavorate con voucher rispetto al totale delle ore lavorate. “Errore sarebbe – sostiene il presidente Corrarati – vietarlo alle piccole aziende e a persone di età superiore ai 24 anni. Toglierebbe opportunità a chi ha perso un lavoro e non riesce subito a trovarlo in forma stabile. Sicuramente sono necessari correttivi che non portino a considerare il voucher alternativa ai rapporti a tempo determinato e indeterminato”.
Corrarati conclude: “Se abbiamo lavoro stabile, siamo noi imprenditori delle Pmi i primi a fidelizzare i dipendenti. Le parti sociali, soprattutto quelle più radicate a vecchi schemi di contrattazione, cerchino nello strumento un’opportunità da migliorare più che un male da debellare”.