Lo studio “Comune che vai fisco che trovi” dell’Osservatorio permanente della tassazione sulla piccola impresa in Italia ha l’obiettivo di analizzare il peso esercitato dal fisco, nella sua accezione più ampia, sul reddito delle piccole imprese (“Total Tax Rate”), nel tempo e nello spazio.

L’eccessiva pressione fiscale ed i conseguenti sacrifici richiesti alle imprese sono diventati, ormai da lungo tempo, il tema più caldo e dibattuto in tutte le platee e su cui verte il confronto politico. Al pari, importanti istituzioni internazionali, quali la Banca Mondiale, analizzano il “Total Tax Rate”(nel prosieguo denominato anche con l’acronimo TTR), ossia la pressione del fisco sui profitti delle imprese in tutti i principali paesi del Mondo. Per la Banca Mondiale, nel 2013, il “Total Tax Rate” in Italia si è attestato al 65,8%, a fronte di una media dell’Unione Europea del 42,0% ed una media dell’area Euro del 43,8%. Questi valori, seppur significativi, non sono, tuttavia, rappresentativi dell’intero tessuto imprenditoriale del nostro Paese. Il dato generale del 65,8% fornito dalla Banca Mondiale si fonda, infatti, su un caso concreto – una società di capitali con 60 dipendenti – lontano dalla dimensione media delle imprese italiane (vedi quanto si dirà in appendice tecnica). Un dato di sintesi, inoltre, non evidenzia le tipicità locali del nostro sistema fiscale che, come si vedrà, si fonda anche su profonde differenze insite nella tassazione locale, enfatizzate dall’impennata della tassazione sugli immobili produttivi delle imprese dovuta all’introduzione dell’IMU e dalla nuova imposizione sui rifiuti (TARES / TARI). I valori medi nazionali non possono, quindi, essere rappresentativi della realtà italiana che ha visto, nel tempo, aumentare sempre più il peso dei tributi locali nella pressione fiscale complessiva che grava sul reddito d’impresa.

La finalità del lavoro è, pertanto, quella di esaminare l’andamento, nel tempo e nel territorio italiano, dell’incidenza della pressione fiscale sul reddito d’impresa, calcolato su un’azienda tipo che può dirsi rispondente al tessuto produttivo italiano. L’azienda base dell’Osservatorio rimarrà sempre la stessa, in termini sia di struttura sia di parametri economici. In questo modo, sarà possibile isolare le cause da cui trae origine la pressione fiscale sul reddito prodotto ma, più che altro, gli effetti concreti derivanti dalle scelte via via prese nella ridefinizione del sistema tributario nonché da quelle adottate a vari livelli nella definizione della misura dei tributi regionali e locali.

Inoltre, specularmente, ciò consentirà di valutare, in concreto, l’efficacia sulle piccole imprese delle soluzioni che saranno usate per alleggerire la pressione fiscale. E’ importante premettere sin da subito che, in modo analogo alle analisi elaborate dalla Banca Mondiale sul “Total Tax Rate” nel mondo, il lavoro non è finalizzato a fornire un indicatore che possa adattarsi ad ogni impresa italiana; la presenza di molti tributi che prescindono dalla realizzazione del reddito renderebbe impossibile trovare un sistema di analisi capace di individuare un dato universalmente rappresentativo.

Proprio per questi motivi, il primo passo importante consiste nella scelta della tipologia d’impresa assunta a base delle nostre analisi. Trattasi di un’impresa che, oltre ad essere rappresentativa della piccola realtà imprenditoriale italiana, ha parametri di struttura ed economici coerenti con una sana gestione imprenditoriale e risponde, inoltre, ai requisiti di affidabilità in termini di volumi di ricavi e di reddito dichiarati. A tal fine, sono stati utilizzati i medesimi parametri fissati da più di 15 anni dagli studi di settore (vedi quanto si dirà in appendice tecnica del volume generale).

Prendendo come riferimento un’impresa rispondente ai criteri di cui sopra ed assumendo come anno zero il 2011, nel documento si valutano gli effetti delle scelte compiute nel tempo dai governi nazionali nella ridefinizione del sistema fiscale, nonché di quelle dei governi regionali ovvero delle amministrazioni municipali nello stabilire la misura dei tributi locali. A tal fine, si è simulato che l’impresa operi simultaneamente in 112 comuni differenti corrispondenti, in linea generale, ai capoluoghi di provincia italiani.

Ecco l’andamento dei vari ambiti impositivi (Erario, Regioni e Comuni) nei comuni che si trovano per le proiezioni il 2014 agli estremi della classifica.

 

 

“E’ uno strumento con cui la CNA si assume la responsabilità di attribuire delle RESPONSABILITA’ ai Governi nazionali ed ai Governi locali, nelle scelte di politica fiscale adottate.”

I calcoli si sono stati effettuati considerando tutti gli elementi che rientrano nel concetto di pressione fiscale ISTAT, quindi sia i tributi (IRPEF, IRAP, Addizionale regionale all’IRPEF, Addizionale comunale all’IRPEF, IMU e tassazione sui rifiuti) sia i contributi dovuti dall’ artigiano o dal commerciante, identificati con l’acronimo IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti). Si è ben consapevoli che i contributi pensionistici hanno una natura diversa dai tributi dal momento che, a fronte dei relativi versamenti, si matura una rendita futura (la pensione). Tuttavia rientrano comunque nel concetto di pressione fiscale ISTAT e, quindi, di “Total Tax Rate” in quanto, quali contributi obbligatori, esercitano comunque una pressione, in questo caso, sul reddito d’impresa prodotto e, conseguentemente, sul reddito disponibile dell’imprenditore durante tutta la vita dell’impresa (per maggiori approfondimenti si rinvia a quanto indicato nella nota tecnica al volume). E’ nostra intenzione dare continuità a questo Osservatorio. I dati, infatti, saranno aggiornati con frequenza annuale e verrà presentato un rapporto con il quale saranno valutati gli effetti, comune per comune, delle scelte adottate che incidono sui tributi dovuti afferenti al medesimo anno.