La CNA ha presentato ieri sera l’indagine annuale sul “total tax rate” delle PMI. All’intervento del responsabile delle politiche fiscali di CNA nazionale, Claudio Carpentieri, è seguita una tavola rotonda a cui hanno partecipato i Sindaci dei Comuni di Ravenna, Michele De Pascale; Faenza, Giovani Malpezzi; Lugo, Davide Ranalli; Cervia, Luca Coffari e il direttore della CNA di Ravenna, Massimo Mazzavillani.
La ricerca – prodotta dalla CNA nazionale, su richiesta della CNA di Ravenna – determina il peso esercitato dal fisco (total tax rate) sul reddito delle piccole imprese attraverso la misurazione del livello di prelievo presente nei quattro principali comuni del nostro territorio (Ravenna, Faenza, Lugo e Cervia).
La media del total tax rate dei quattro Comuni ravennati è pari al 59,5%, circa un punto in meno rispetto allo scorso anno.
“Tale media – ha detto il responsabile delle politiche fiscali della CNA nazionale, Claudio Carpentieri – è il frutto di un total tax rate che a Cervia si colloca al 62,9%, a Ravenna al 59,6, a Lugo al 59,3% e a Faenza al 56,1%. Quindi, la posizione dei quattro comuni ravennati, globalmente intesi, si collocherebbe attorno al 78° posto rispetto alla classifica nazionale (scalando ben 10 posizioni rispetto alla 68° posizione dello scorso anno). La media nazionale del total tax rate nel 2016 è pari al 61%”.
“Da questa analisi – ha aggiunto – emerge un sistema fiscale malato che richiede cure appropriate. La nostra ricetta cerca di intervenire su tre punti specifici: ridurre la pressione fiscale garantendo, al contempo, maggiore equità nel prelievo tra diversi redditi da lavoro; invertire sensibilmente la tendenza di questi anni di trasferire sulle imprese gli oneri dei controlli: usare intelligentemente la leva fiscale per aumentare la domanda interna”.
Nel suo intervento, De Pascale ha evidenziato come occorra creare sempre di più un meccanismo affinché i cittadini possano percepire la qualità del servizio e avere la consapevolezza di come vengano spesi concretamente i loro soldi. “Occorre, inoltre – ha detto – diminuire la tassazione generica e intervenire su tributi che hanno una finalità precisa. Ad esempio – ha aggiunto – non si parla più di compartecipazione all’IVA”.
Ranalli ha insistito molto sulla “necessità di rivedere l’organizzazione istituzionale allo scopo di semplificare le procedure. Questo sarebbe sicuramente un aiuto importante per le imprese e, su questo aspetto, strategica sarà la collaborazione con le Associazioni di categoria. Nei nostri territori le Unioni dei Comuni stanno reggendo i colpi della crisi perché, oltre alle risorse aggiuntive provenienti dalla Regione, abbiamo scelto di indirizzare le risorse introitate dalla fiscalità trasformandole in servizi utili allo sviluppo delle aziende, come ad esempio la banda ultra larga”.
Alla domanda su cosa i Sindaci farebbero se ci fosse un recupero dell’autonomia impositiva, Malpezzi ha risposto affermando che agirebbe subito sull’articolazione delle aliquote, attuando sgravi a favore di aziende che ampliano le proprie strutture e realizzando contemporaneamente un incremento occupazionale mentre Coffari introdurrebbe subito la tassa di soggiorno, utile per riqualificare il territorio e l’offerta turistica e per rimettere in moto l’edilizia e l’economia locale. “Cervia – ha aggiunto – è già attiva in questo senso, attraverso l’emanazione di bandi rivolti alle ditte locali per la realizzazione di piccoli lavori”.
Tutti concordi poi su una stretta collaborazione con le Associazioni di categoria affinché le entrate derivanti dalla tassazione locale vengano spese nel migliore dei modi.
Mazzavillani, ringraziando i quattro Sindaci e Claudio Carpentieri per l’importante contributo offerto, ha concluso i lavori della serata evidenziando come manchi una politica di prospettiva dovuta alla costante incertezza che i Comuni hanno rispetto alle entrate attribuite loro dallo Stato centrale. Ha poi sottolineato quanto sia insostenibile dalle imprese il peso del fisco e della burocrazia. “Ciò che mi appresto a chiedere – ha affermato – è di investire le risorse garantendo le quote ai Consorzi Fidi e, soprattutto, riducendo la burocrazia dove non serve. “Spesso – ha detto – vale più un “no” veloce che un “sì” dopo anni, perché nella prima ipotesi l’impresa è in tempo utile per fare valutazioni diverse”.