La ridotta capacità produttiva delle imprese sarde a causa della pandemia rischia di rallentare la crescita economica regionale alimentando una fase di inflazione già innescata dalla crescita dei costi energetici. Proprio l’aumento delle bollette, insieme alla mancanza di liquidità e alla difficoltà di accedere ai finanziamenti, sta mettendo a serio rischio la tenuta di molte attività economiche.
È quanto si evince dall’ultima indagine dell’Istat che ha analizzato l’impatto economico e finanziario dell’emergenza Covid-19 su un campione di attività economiche con più di tre addetti nei settori industria e costruzioni, commercio e servizi. L’indagine – svoltasi a novembre 2021 dopo analoghe rilevazioni compiute dall’Istituto a maggio e novembre 2020 – è stata analizzata dal Centro studi di CNA Sardegna per capire in quale misura il sistema delle imprese sarde abbia pagato le conseguenze del biennio di crisi sanitaria. In Sardegna le imprese con più di tre addetti sono infatti circa 23.300 e impiegano oltre 197 mila occupati, pari a circa il 65% del totale. In un recente studio condotto dalla CNA si è evidenziato come nel biennio pandemico (2020-2021) l’economia regionale abbia pagato, in termini di calo del prodotto interno lordo, un dazio pesantissimo. L’anno appena passato, infatti, nonostante la performance superiore alle attese del settore turistico, ha fatto registrare una ripresa nettamente inferiore della media nazionale (+4,1% contro il +6,5% stimato per l’economia italiana). L’indagine dell’Istat fornisce le prime indicazioni sulle aspettative delle imprese regionali per la prima parte dell’anno appena iniziato.
Le conseguenze della pandemia sul sistema economico sardo
In base alla ricerca solo il 38% degli imprenditori isolani si attende un andamento dell’attività solido nella prima parte di 2022: un dato in linea con la media delle regioni del Mezzogiorno, ma significativamente inferiore al dato nazionale (41,3%). Le imprese isolane delineano, quindi, un contesto economico regionale ancora incerto e che non riesce a tenere il passo con i buoni ritmi di crescita dell’economia italiana.
Il nodo centrale, in questa delicata fase, riguarda la perdita di capacità produttiva delle aziende sarde. Un biennio di forte incertezza economica, caratterizzato da blocchi forzosi dell’attività e da misure di distanziamento che hanno influenzato negativamente la domanda aggregata in molti settori economici (turismo, ristorazione, servizi alla persona, eventi, cultura, etc.) ha infatti obbligato molte imprese regionali a ridimensionare la propria capacità produttiva (riduzione degli addetti, degli spazi o degli impianti); lo indica circa il 37% delle imprese intervistate, una percentuale abbondantemente superiore alla media nazionale (che si ferma a circa il 30%), un dato che risulta il secondo più elevato tra tutte le regioni italiane (alle spalle del Trentino Alto Adige).
In un contesto di crescita dei costi energetici (con le imprese che escono dal biennio pandemico in forte crisi di liquidità) il rischio è che la ridotta capacità produttiva, specialmente in settori trainanti in questa fase (come costruzioni o settore ricettivo-turistico) alimenti la spirale inflazionistica.
Proprio il tema del rincaro della bolletta elettrica rappresenta uno degli elementi di maggiore criticità per le imprese regionali: lo ha indicato oltre l’11% degli operatori (dopo il Friuli-Venezia Giulia, la quota più elevata nel panorama regionale italiano), nonostante l’indagine sia stata compiuta appena prima l’eccezionale rincaro dell’energia. Parte della crescita dei costi energetici si trasmetterà nei prezzi alla produzione.
D’altra parte, per molte imprese sarde una delle problematiche del 2022 sarà proprio l’incapacità di fare fronte ai costi operativi (tra cui i costi dell’energia) per mancanza di liquidità e difficoltà di accesso al credito: oltre un quinto delle imprese intervistate dall’Istat le indica come le principali criticità (un dato da confrontare con il circa 16% del dato medio nazionale).
D’altronde – evidenzia la Cna – a giugno 2021 il tasso di interesse medio pagato dalle imprese sarde (sia Pmi che imprese medio grandi) è arrivato ad essere uno dei più elevati tra tutte le regioni italiane.
In questo contesto il sistema delle garanzie pubbliche per il credito ha fornito un supporto determinante. Interrogati sull’importanza di questo strumento come fattore di sostegno o traino per l’attività di impresa nel 2021, il 26% degli imprenditori hanno infatti indicato che la garanzia pubblica per il credito ha rivestito un ruolo fondamentale: una percentuale inferiore nel panorama italiano soltanto a quella registrata in Calabria e Basilicata (18% è la media nazionale).
I motivi che hanno indotto le imprese sarde a richiedere prestiti con garanzia pubblica sono, in misura maggiore rispetto ad altri contesti territoriali, la necessità di finanziare l’attività corrente, l’aumento delle scorte di liquidità a scopo precauzionale e la necessità di riparare debiti in essere o la componente di servizio del debito.
L’analisi della CNA
“Lo scenario delineato dalle imprese sarde per il 2022 desta preoccupazione – commentano il presidente e il segretario della CNA regionale, Luigi Tomasi e Francesco Porcu – la riduzione della capacità produttiva, lascito del biennio pandemico, rischia di rallentare la crescita economica regionale in una fase di rapida ripresa della domanda aggregata, nazionale e internazionale, alimentando l’inflazione già surriscaldata dalla crescita dei costi energetici. Proprio l’aumento della bolletta energetica sta mettendo a serio rischio la tenuta di molte attività economiche, soprattutto le piccole e medie imprese che faticano a pianificare una strategia di investimento a medio-lungo termine efficace. Ci attendiamo con urgenza un intervento del governo che compensi parte dei costi sostenuti dalle imprese. Il problema è inoltre la carenza endemica di liquidità: risulta quindi fondamentale integrare il sistema di garanzia finanziaria pubblica con l’obiettivo di supportare la domanda di liquidità delle imprese, soprattutto quella proveniente dal sistema delle piccole e medie imprese artigiane, in un contesto regionale caratterizzato da un mercato del credito significativamente più rigido rispetto a quello di altre regioni”. Su questo fronte - concludono i vertici di CNA Sardegna – chiediamo alla Regione di istituire un ‘Fondo rotativo di piccolo credito per le imprese di piccola dimensione’ che avrebbe una funzione anticiclica, sostenuto da risorse pubbliche nella fase inziale, si alimenterebbe con i rientri derivanti dal pagamento delle rate dei finanziamenti in ammortamento delle imprese che ne hanno già beneficiato. Con 10 milioni di euro verrebbero agevolate circa 800 piccole imprese”.