Ultima della classe. Nelle previsioni economiche della Commissione europea l’Italia conquista la poco invidiabile maglia nera di Eurolandia. Quest’anno il prodotto interno lordo del nostro Paese dovrebbe calare dell’11,2 per cento contro una media dell’8,7 per cento. Né va meglio sul fronte dell’occupazione. L’impatto del coronavirus sull’Italia è tra i più forti nei Paesi sviluppati, secondo un’altra previsione, questa volta targata Ocse, per la quale la disoccupazione nel nostro Paese salirà entro fine anno al 12,4 per cento, cancellando quindi quattro anni di lenti miglioramenti.
Peggio del previsto
“La recessione è risultata più forte delle attese”, ammette Bruxelles. E la ripresa del 2021, oltretutto, appare affievolita. Oltre all’Italia a essere colpite maggiormente sono Spagna (-10,9 per cento il calo del Pil 2020) e Francia (-10,6 per cento). Molto più moderato il “rosso” della Germania: -6,3 per cento.
Rispetto al calo medio del Pil nell’Eurozona fissato all’8,7 per cento per quest’anno il recupero del 2021 non supererebbe il 6,1 per cento. Esattamente in linea con la crescita del Pil italiano: il nostro Paese di conseguenza in due anni perderebbe il 4,9 per cento di Pil rispetto al 2018. La Commissione europea ritiene che l’industria dovrebbe recuperare posizioni prima del turismo anche se il ritorno ai livelli di crescita del 2019 è previsto solo alla fine del 2021 e comunque è soggetto a rischi di ribasso.
Più lavoro, meno sussidi
Sul fronte del lavoro l’Ocse sostiene che la disoccupazione in Italia salirà a fine anno al 12,4% (contro una media del 9,4 per cento) scendendo all’11% di senzalavoro a fine 2021. Non c’è solo la disoccupazione, però, per valutare il mercato del lavoro. Tra gli indicatori più attendibili per l’organizzazione con sede a Parigi c’è il totale delle ore lavorate: nei tre mesi di confinamento nel nostro Paese ha segnato un preoccupante -28 per cento. L’Ocse, pur apprezzando le misure introdotte in Italia per sostenere i redditi, suggerisce ora di impegnarsi, oltre che nel sostegno di quanti sono in difficoltà, nell’aiuto a eventuali ristrutturazioni aziendali e nella creazione di posti di lavoro, tenendo presente in particolare la condizione giovanile.