Il blocco delle esportazioni dei prodotti sardi verso la Russia dovrebbe portare conseguenze assai modeste per l’economia sarda. E anche se le relazioni dovessero ulteriormente inasprirsi mettendo a rischio tutti i settori economici vocati all’export non ci sarebbero particolari ripercussioni negative per le imprese sarde. È quanto si evince dall’ultimo report del Centro Studi di CNA Sardegna che analizza l’esposizione delle imprese sarde esportatrici nei confronti della Russia. Il valore dell’export sardo nel Paese guidato da Vladimir Putin ammonta infatti a 14 milioni di euro, pari allo 0,3% dell’intero export regionale (un dato molto inferiore rispetto al 1,5% medio nazionale) e le esportazioni riguardano soprattutto il settore chimico (l’84% del totale) e in minima parte settori portanti come quello agroalimentare.
“Sia con riferimento ai settori coinvolti dall’inasprimento del quadro sanzionatorio fino ad ora, sia guardando al totale dei settori economici, l’esposizione delle imprese sarde esportatrici nei confronti della Russia è piuttosto modesta – commentano il presidente e il segretario della CNA regionale, Luigi Tomasi e Francesco Porcu – L’impatto maggiore di un blocco totale dell’export si avrebbe nel settore chimico, sebbene anche in questo caso si tratti di numeri tutt’altro che macroscopici. Al livello nazionale, invece, i rischi maggiori si concentrano nel triangolo economico Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, sebbene anche in questo caso l’impatto potenziale massimo risulta tutto sommato poco più che marginale”.
La ripresa dell’export sardo
Il 2021 si è chiuso con una forte ripresa dell’export di prodotti manifatturieri sardi. La crescita rispetto al 2020 è stata di oltre il +64% in termini di valore. Questo dato, seppur significativo, non è stato però sufficiente per recuperare il crollo registrato durante l’anno pandemico. Il valore dell’export regionale nel 2021 è infatti rimasto al di sotto di quello del 2019 (-2,1%). Sulla performance regionale ha però pesato in maniera determinante l’andamento dell’export dei prodotti petroliferi raffinati, esposto negli ultimi due anni alle forti oscillazioni dei prezzi della materia prima.
Escludendo quindi la voce riguardante prodotti petroliferi raffinati, la crescita rispetto al 2020 è stata del +34%, frutto di 1,29 miliardi di euro, contro i circa 962 milioni registrati nel 2020 e, soprattutto, i 984 milioni registrati nel 2019.
In altre parole, il 2021 ha fatto segnare un’impennata record delle esportazioni regionali non petrolifere che ha portato a superare abbondantemente i livelli pre-pandemici (+31,1%).
A conferma della performance molto positiva dei prodotti sardi, sempre escludendo il settore della raffinazione di idrocarburi, la Sardegna è la seconda regione italiana per crescita delle vendite all’estero nel 2021 rispetto al 2019, preceduta solamente dal Molise, e con un dato ben superiore a quello di Lombardia (+6,6%), Emilia-Romagna (+8,7%) e Veneto (+7,9%).
Al livello settoriale, molto bene il risultato dell’agroalimentare, in grado di crescere rispetto al 2019 di oltre il +14% (196 milioni di euro contro i 171 dell’anno pre-pandemico). Anche meglio sono andate le cose per l’industria della lavorazione del metallo (+59% rispetto al 2019), mentre, nonostante la forte ripresa sul 2020 (+21%), il valore dell’export in ambito chimico (terzo settore per valore dell’export regionale) paga ancora il -6% rispetto al livello del 2019.
L’impatto delle sanzioni contro la Russia sull’export sardo
Il dossier della CNA sarda analizza come detto l’impatto potenziale sull’export regionale dell’inasprimento delle sanzioni nei confronti della Russia a seguito dell’escalation militare in Ucraina.
Lo scorso 23 febbraio l’Unione Europea ha infatti esteso il campo di applicazione del preesistente disposto sanzionatorio comunitario adottato nel 2014. In particolare, le misure adottate impongono severi controlli sulle esportazioni in alcuni ambiti specifici.
Al fine di stimare l’impatto sull’export di beni prodotti in Sardegna, CNA ha individuato nove codici Ateco direttamente coinvolti dal nuovo regime sanzionatorio: telecomunicazioni, strumenti di misurazione, apparecchiature elettromedicali, strumenti ottici e attrezzature fotografiche, macchine di impiego generale e speciali, autoveicoli, nautica, aeronautica e tecnologie spaziali.
Considerando questi settori, si stima che il blocco delle esportazioni verso Mosca potenzialmente coinvolga appena l’1,2% del valore delle produzioni isolane esportate nei suddetti settori. Si tratta di circa 615 mila euro, su un totale di 50 milioni.
La maggior parte dell’export sardo verso la Russia in questi ambiti riguarda strumenti e apparecchi di misurazione, prova e navigazione (circa 400 mila euro), seguita dal settore nautico (circa 210 mila euro nel 2021).
Al livello nazionale, la stessa stima indica un impatto, in termini di export interdetto, superiore all’1,7%. L’export italiano potenzialmente coinvolto avrebbe un valore di circa 1,58 miliardi di euro pari, appunto, all’1,7% del valore esportato nei settori individuati. La regione in cui si stima l’impatto potenziale maggiore in termini assoluti è la Lombardia, con circa 427 milioni di esportazioni a rischio, seguita dall’Emilia Romagna (400 milioni). Si tratta quindi di numeri piuttosto modesti. A riprova, nel complesso, a livello nazionale i circa 1,7 miliardi di valore dell’export potenzialmente a rischio rappresentano lo 0,3% del totale del commercio internazionale nel 2021, ma nel caso della Sardegna si parla appena dello 0,01% (600 mila euro su 5,5 miliardi): una quota che diventa lo 0,05% se si escludono i prodotti petroliferi raffinati.
Figura 3 – Valore dell’export 2021 verso la Russia nei settori coinvolti dalle sanzioni 2022 (milioni di euro)
Fonte: elaborazione CNA su dati Istat
Il valore complessivo dell’export sardo in Russia
Ma cosa succederebbe se le relazioni con la Russia dovessero ulteriormente inasprirsi mettendo a rischio tutti i settori economici vocati all’export? Il valore complessivo delle esportazioni regionali in Russia, a livello regionale nel 2021 si è attestato a circa 14,1 milioni di euro. Va detto che nel 2013, ovvero prima dell’introduzione delle sanzioni per l’invasione della Crimea, le esportazioni delle imprese sarde verso la Russia erano pari a circa 13 milioni di euro, a suggerire come il precedente quadro sanzionatorio non abbia modificato sostanzialmente il livello delle vendite regionali (va detto che al livello nazionale, rispetto al periodo pre-sanzioni, l’export verso Mosca è calato di circa 2 miliardi di euro, 7,7 miliardi nel 2021 contro i 10 del 2013).
I circa 14 milioni di euro di export sardo in Russia rappresentano appena lo 0,3% dell’export totale regionale: un dato molto inferiore rispetto all’1,5% medio nazionale.
Va detto che le due quote si avvicinano se si esclude l’export di prodotti petroliferi raffinati: 1,1% è la quota di export verso la Russia per la Sardegna, 1,5% quella nazionale.
Guardando al totale dell’export, l’impatto maggiore di un blocco totale del commercio verso Mosca sarebbe più significativo in regioni come Umbria (2,7% del totale dell’export), Marche (2,5%) ed Emilia-Romagna (2,1%), mentre in termini assoluti l’esposizione maggiore si registra in Lombardia, con 2,2 miliardi di euro, seguita da Emilia-Romagna (1,5 miliardi) e Veneto (1,3 miliardi).
Ma cosa esporta la Sardegna in Russia al momento? La stragrande maggioranza di beni esportati dalle imprese sarde si concentra nel settore chimico: circa l’84% del totale dell’export verso la Russia. Si tratta di circa 12 milioni di euro (su un totale di 14,1 milioni), un dato che rappresenta il 4,4% della performance globale del settore nel 2021. Più marginali tutti gli altri settori. Quello agroalimentare, in particolare, contribuisce all’export verso la Russia per appena 340 mila euro, lo 0,2% del totale dell’export agroalimentare regionale.