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Disciplina fiscale delle cessioni gratuite di merce alle ONLUS e altri enti

Disciplina fiscale delle cessioni gratuite di merce alle ONLUS e altri enti

Le erogazioni liberali che consistono in cessioni gratuite di merce che le ONLUS possono ricevere dalle imprese di produzione o vendita beni

Per l’operatività delle organizzazioni non profit sono molto importanti, oltre alle erogazioni in denaro, anche quelle erogazioni liberali che consistono in “cessioni gratuite di merce” che le ONLUS possono ricevere dalle imprese di produzione o di vendita di beni (non di servizi) e per le quali è previsto un regime fiscale agevolato dai commi 2°, 3° e 4° dell’art. 13 del Dlgs 460/1997, che sono stati più volte modificati rispetto al loro testo originario.

Il 2° comma dell’art. 13 del Dlgs 460/1997, modificato dal comma 5° dell’art. 16 della Legge n° 166 del 2016, stabilisce, infatti, che 

le derrate alimentari,

i prodotti farmaceutici

e gli altri prodotti da individuare con decreto del Ministro dell’Economia alla cui produzione od al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, che, in alternativa alla usuale eliminazione dal circuito commerciale, vengono ceduti gratuitamente alle ONLUS, agli enti pubblici ed agli altri enti privati senza scopo di lucro e con finalità civiche o solidaristiche che promuovono o realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi di utilità sociale od attraverso forme di mutualità, non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ai sensi del 2° comma dell’art. 85 del TUIR e, pertanto, tali cessioni gratuite non sono considerate ai fini del calcolo del reddito d’impresa tassato con l’ IRES o con l’IRPEF.

Ai fini dell’ IVA queste cessioni rappresentano operazioni esenti dall’imposta, ai sensi del numero 12 dell’art. 10 del DPR 633/1972, in quanto rientrano nella fattispecie di cui al numero 4 dell’art. 2 dello stesso DPR da esso richiamata dato che i beni ceduti gratuitamente sono quelli la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa oppure se per essi non è stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione del bene ceduto, la detrazione dell’IVA relativa al prezzo di esso, ai sensi dell’art. 19 del DPR 633/1972 o per effetto dell’esercizio dell’opzione di cui all’art. 36- bis dello stesso DPR. 

In particolare, i prodotti alimentari , anche oltre il termine minimo di conservazione e purché integri nell’imballaggio primario ed in idonee condizioni di conservazione, 

i prodotti farmaceutici e gli altri prodotti individuati con decreto dal Ministro dell’Economia non più commercializzabili a causa di errori o carenza di confezionamento, di etichettatura, di peso od altri motivi similari od anche per prossimità alla data di scadenza che vengono ceduti gratuitamente alle ONLUS oppure ad associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficienza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica od anche agli enti pubblici ed agli altri enti privati senza scopo di lucro e con finalità civiche o solidaristiche che promuovono o realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi di utilità sociale (quindi, praticamente, a tutti gli enti non profit) od attraverso forme di mutualità, si considerano distrutti ai fini dell’IVA e pertanto sono esenti da essa , ai sensi del 15° comma dell’art. 6 della Legge n° 133 del 1999 modificato dal comma 6° dell’art. 6 della Legge 166/2016.

Infine, i prodotti alimentari confiscati dal Giudice penale possono essere ceduti gratuitamente da questo con ordinanza alle ONLUS ed agli altri enti indicati nel precedente capoverso ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 15 del DPR 571/1982 introdotto dall’art. 6 della Legge 166/2016.

Per quanto riguarda poi specificamente i prodotti farmaceutici , il comma 1°- bis dell’art. 157 del Decreto Legislativo n° 219 del 2006, aggiunto dall’art. 15 della Legge 166/2016, prevede che un decreto del Ministro della Salute individui le modalità della donazione di medicinali non utilizzati alle sole ONLUS e della distribuzione gratuita da parte di queste a persone indigenti o bisognose anche dietro presentazione di prescrizione medica, nei casi in cui questa è necessaria. I medicinali devono essere in confezioni integre, correttamente conservati ed ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l’efficacia originarie.

Sono esclusi da questa norma i medicinali da conservare in frigorifero a temperature controllate, quelli contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope e quelli dispensabili solo in strutture ospedaliere. Le ONLUS che effettuano tale attività devono disporre di personale sanitarioqualificato, anche volontario, ai sensi della normativa vigente e di locali ed attrezzature idonei , come previsto dal decreto citato, ad assicurare la corretta conservazione e la tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti.

E’ vietata qualsiasi cessione a titolo oneroso dei medicinali oggetto di donazione alle ONLUS.

Per quanto riguarda l’esenzione dalle imposte sul reddito e dall’IVA di questa attività rimandiamo a quanto esposto nel penultimo capoverso precedente a questo. Inoltre, la norma citata dispone che, per questa attività, le ONLUS sono equiparate al consumatore finale per quanto riguarda la detenzione e la conservazione dei medicinali, ma questa previsione non ci sembra che possa avere rilevanza pratica in quanto sarà il decreto ministeriale citato a prevedere le norme da osservare a tali fini.

Infine, come previsto dall’art. 14 della Legge 166/2016, le persone fisiche o le imprese del settore possono donare alle ONLUS agli enti pubblici ed agli altri enti privati senza scopo di lucro e con finalità civiche o solidaristiche che promuovono o realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi di utilità sociale od attraverso forme di mutualità, articoli ed accessori di abbigliamento da utilizzare, da parte dei donatari, a fini di utilità sociale, quindi non solo per la distribuzione gratuita di essi agli indigenti ma anche, per esempio, per raccolte fondi attraverso vendite di beneficienza, ecc. I beni donati vanno selezionati e, se necessario, igienizzati (lavati) e quelli non utilizzati bili vanno trattati come rifiuti ai sensi della normativa specifica su questi ultimi.

Il 3° comma dell’art. 13 del Dlgs 460/1997 è stato riformato dal comma 130° dell’art. 1° della Legge n° 244 del 2007 (Legge Finanziaria per il 2008) che ha stabilito che i beni non di lusso alla cui produzione od al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, diversi da quelli di cui al comma 2°(quindi che non siano prodotti alimentari o farmaceutici o gli altri prodotti individuati con decreto del Ministro dell’Economia), che presentino alterazioni, imperfezioni, danni o vizi che pur non modificandone l’idoneità di utilizzo non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessario il ritiro dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle sole ONLUS non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa sempre ai sensi del 2° comma dell’art. 85 del TUIR e, pertanto, anche tali cessioni gratuite non sono considerate ricavi ai fini del calcolo del reddito d’impresa tassato con l’ IRES o con l’IRPEF. Essi, inoltre, si considerano come beni distrutti ai fini dell’ IVA e, di conseguenza, le cessioni gratuite alle ONLUS di questi beni sono esenti anche da questa imposta.

Queste agevolazioni valgono entro un limite di valore delle cessioni pari al 5% del reddito d’impresa dichiarato dal cedente calcolato attribuendo ai beni ceduti un valore pari al costo specifico sostenuto per la produzione o l’acquisto di essi. Infine, il valore di queste cessioni gratuite di beni non si computa per determinare il limite di deducibilità delle erogazioni liberali in denaro alle ONLUS da parte delle persone giuridiche previsto dalla lettera ) del 2° comma dell’art. 100 del TUIR. 

Oneri formali previsti dalla disciplina tributaria di queste cessioni gratuite

Le disposizioni di cui ai commi 2° e 3° dell’art. 13 del Dlgs 460/1997 si applicano a condizione chel’impresa cedente, se il costo dei beni donati in una singola cessione gratuita supera 15.000 Euro oppure se questi non sono beni alimentari facilmente deperibili, dia , ai sensi del combinato disposto dell’art. 2 del DPR n° 441 del 1997 (modificato dal comma 396 dell’art. 1° della Legge n° 208 del 2015) e dei primi quattro commi dell’art. 16 della Legge n° 166 del 2016, preventiva comunicazione della cessione, mediante modalità telematiche stabilite da un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, all’ufficio della stessa Agenzia delle Entrate oppure al comando della Guardia di Finanza competenti per territorio .

Tale comunicazione deve contenere l’indicazione della data, dell’ora e del luogo di inizio del trasporto, della destinazione finale dei beni e dell’ammontare complessivo, calcolato sulla base dell’ultimo prezzo di vendita, dei beni gratuitamente ceduti e deve pervenire agli uffici citati entro la fine del mese a cui si riferiscono le cessioni gratuite in essa indicate.

Questa comunicazione serve anche a far considerare come distrutti ai fini dell’IVA, quindi comeesenti dall’imposta, ai sensi del comma 15° dell’art. 6 della Legge n° 133 del 1999 (modificato dal comma 6° dell’art. 16 della Legge 166/2016) i prodotti alimentari oltre il termine minimo di conservazione purché integri nell’imballaggio primario ed in idonee condizioni di conservazione, i prodotti farmaceutici e gli altri prodotti non idonei alla commercializzazione per difetti vari o per prossimità alla data di scadenza individuati con decreto dal Ministro dell’Economia ceduti gratuitamente per fini di solidarietà sociale ai soggetti indicati nel numero 12 dell’art. 10 del DPR 633/1972 vale a dire alle associazioni riconosciute ed alle fondazioni e ad enti dello stesso tipo o di tipo diverso che hanno la qualifica di ONLUS (comprese le cooperative sociali e, ma non sempre, le organizzazioni di volontariato), agli enti pubblici ed agli altri enti privati senza scopo di lucro e con finalità civiche o solidaristiche che promuovono o realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi di utilità sociale od attraverso forme di mutualità, quindi anche alle imprese sociali ed alle società cooperative a mutualità prevalente che esercitano queste attività.

In questi casi per ogni singola cessione va emesso il documento di trasportoprogressivamente numerato oppure un documento equipollente redatto in forma libera con l’indicazione della data della cessione, delle generalità del cedente, del cessionario e dell’eventuale incaricato del trasporto e la descrizione della natura, qualità e quantità dei beni ceduti ed, ogni tre mesi, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con cui l’ente ricevente , cioè il suo rappresentante legale, attesta l’utilizzo dei beni ceduti con l’indicazione degli estremi del documento di trasporto o di documenti equipollenti corrispondenti ad ogni cessionee con l’impegno ad utilizzare direttamente i beni ricevuti in conformità alle finalità istituzionali, vale a dire quelle previste dallo statuto, senza scopo di lucro dell’ente beneficiario della cessione.

Tutti questi documenti vanno conservati dall’impresa cedente 

Se queste formalità non sono rispettate o se i beni ceduti gratuitamente non sono impiegati direttamente dal cessionario per fini di solidarietà sociale senza scopo di lucro, le cessioni gratuite dei beni oggetto dell’attività dell’impresa cedente sono soggette all’IVA (commi 2° e 4° dell’art. 13 del Decreto Legislativo n° 460 del 1997, modificati dal comma 5° dell’art. 16 della Legge 166/2016).

L’ utilizzo diretto dei beni ricevuti implica l’obbligo di non cederli a fini commerciali, cioè di lucro, ma si può secondo noi senz’altro ammettere l’ulteriore cessione gratuita di essi ad un altro ente senza scopo di lucro che li utilizzerà per i suoi fini istituzionali di tipo altruistico o solidaristico.

Alle cessioni gratuite di eccedenze alimentari a fini di solidarietà sociale disciplinate dall’art. 3 della Legge 166/2016 non si applica la norma sulla comunicazione agli uffici fiscali od il verbale dell’autorità od il documento di trasporto che provano la distruzione dei beni o la trasformazione in beni di altro tipo e di più modesto valore economico prevista dal 4° comma dell’art. 2 del DPR 441/1997.

Infine, segnaliamo che le cessioni gratuite di beni che abbiamo esaminato in questo paragrafo e nel precedente non sono da considerarsi donazioni ai sensi della disciplina contenuta nel Titolo V del Libro Secondo del Codice Civile che, di conseguenza, non si applica ad esse. Pertanto, tali cessioni non richiedono la forma scritta per la loro validità (art. 16, comma 1°, della Legge 166/2016).

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(1) Su quali sono questi beni o servizi di utilità sociale rimandiamo alla Nota n° 4.

(2) Le cessioni gratuite di beni effettuate da imprese ad “ associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficienza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica ” oppure ad enti che abbiano la qualifica tributaria di ONLUS – Organizzazione non lucrativa di utilità sociale sono operazioni esenti dall’IVA , ai sensi del numero 12 dell’art. 10 del DPR 633/1972, se rientrano nella fattispecie di cui al numero 4 del comma 2° dell’art. 2 dello stesso DPR, vale a dire se i beni ceduti gratuitamente sono quelli la cui produzione o il cui commercio rientrano nell’attività propria (o tipica) dell’impresa (in caso contrario, vale a dire se i beni ceduti gratuitamente non sono quelli oggetto dell’attività dell’impresa, ogni singolo bene ceduto gratis deve rispettare il limite di costo unitario di 50 Euro), oppure se per essi, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, non sia stata operata la detrazione dell’IVA a norma dell’art. 19 del DPR 633/1972 o per effetto dell’esercizio dell’opzione di cui all’art. 36- bis dello stesso DPR.

(3) Una impresa in perdita, cioè con un reddito d’impresa negativo, non può quindi usufruire dell’agevolazione.

(4) Per “ costo specifico ” sostenuto per la produzione del bene ceduto si dovrebbe intendere il costo diretto di produzione, senza l’imputazione ad esso dei costi indiretti o generali dell’impresa, ma la Circolare n° 26/E del 26 Marzo 2008 dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che in esso rientrano i costi delle materie prime, dei semilavorati, dei prodotti finiti, degli imballaggi, degli altri beni destinati ad essere fisicamente incorporati nei prodotti finiti con l’esclusione, quindi, del costo della manodopera diretta, cioè di quella direttamente utilizzata per produrre il bene.

(5) Questo limite di deducibilità è pari al 2% del reddito di impresa dichiarato.

(6) Si vedano, su questo, le Note n° 4 e 5.

(7) Fino a quel momento: si può anche dichiarare che tali beni non sono stati finora impiegati, ma che lo saranno nel prossimo futuro.

(8) Che, pertanto, riportano anche la natura, la qualità e la quantità dei beni ricevuti.

(9) Che non si vede, però, come possa costringere l’ente cessionario a fornirgli la relazione trimestrale di cui sopra. Si sarebbe dovuto prevedere un obbligo in questo senso.

 

 

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