Per mettere in sicurezza l’Italia dal dissesto idrogeologico (alluvioni, frane, valanghe, erosione delle coste) servono almeno 29 miliardi di euro. Di questi, 12 miliardi sono già a disposizione, tra vecchi e nuovi fondi, e opere per 4,8 miliardi sono già definite (in programmi e progetti) e in fase di attuazione.
Lo stato dell’arte del piano nazionale di prevenzione del rischio idrogeologico è stato fatto a Palazzo Chigi con il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, il sottosegretario alla presidenza Maria Elena Boschi, il coordinatore della struttura tecnica di missione del governo #italiasicura e il suo direttore Mauro Grassi. Tutti i numeri e la lista dei progetti articolata per Regioni è riportata nel volume consultabile in allegato.
«Per anni – ha sostenuto il Ministro Galletti – si è detto che per risolvere il problema del dissesto idrogeologico servivano 100 miliardi di euro, una cifra insostenibile. Era un alibi per non affrontare il problema. Noi invece, con questa pubblicazione, abbiamo fatto un piano delle opere necessarie, abbiamo individuato le priorità. Non stiamo dicendo che abbiamo risolto il problema del dissesto, realizzare questo piano è un lavoro di vent’anni. Stiamo però dicendo che abbiamo cominciato questo lavoro, che finalmente torniamo a investire in prevenzione, anno dopo anno. E fin dall’inizio, con il governo Renzi, abbiamo capito che non è solo un problema di risorse ma di velocizzare procedure ferme»
«Negli anni passati – ha detto Erasmo D’Angelis (capo di #italiasicura) – si parlava di cifre di fabbisogno impossibili», e intanto – ha spiegato il sottosegretario Maria Elena Boschi, «abbiamo speso 3,5 miliardi all’anno per riparare i danni». «Ora – continua D’Angelis – sappiamo che il fabbisogno è di 29 miliardi di euro, una cifra sostenibile per un paese come il nostro». Le risorse disponibili sono in tutto 12 miliardi di euro, perché ai 10 miliardi indicati nel volume (9.986 milioni) vanno sottratti il miliardo di euro di prestito Bei (che non sarà attivato – spiega #italiasicura – perché si è poi visto che non serve anticipare la liquidità, visto che i progetti sono indietro) e «vanno aggiunti – spiega D’Angelis – tre miliardi di euro che le Regioni hanno indicato come disponibili da fondi propri» (10 -1 +3 = 12).
«Per un paese come l’Italia – prosegue Grassi – , con la sua conformazione naturale, il rischio zero non ci sarà mai, ma possiamo significativamente ridurlo. Oltre ai vecchi progetti che abbiamo sbloccato in questi anni, per 2,2 miliardi, altre nuove opere sono state avviate, a Genova, Milano, Firenze e altre città con il Piano stralcio aree metropolitane da 650 milioni». In realtà quello che il governo chiama «Piano» per il dissesto, è costruito come un work in progress. Nel volume presentato il 10 maggio sono elencate in dettaglio (con il costo stimato) tutte le opere suggerite dalle Regioni come prioritarie. «Purtroppo – ha ammesso D’Angelis – lo stato di avanzamento delle progettazioni è molto arretrato, circa il 90% sono anzi ancora da progettare, moltissimi sono solo dei “titoli”». La lista indicata assomma 26,5 miliardi di euro di fabbisogno richiesto, a cui – ha spiegato #italiasicura – vanno aggiunti i 3 miliardi già a disposizione delle Regioni, per cui il costo totale del Piano è di 29 miliardi.
«La lista concreta dei progetti da finanziare sarà definita via via che saranno fatte le progettazioni» spiega Mauro Grassi. «E per la prima volta – aggiunge D’Angelis – abbiamo creato un fondo rotativo da 100 milioni per finanziare le progettazioni».
In sostanza, dunque, non esiste un unico “Piano anti-dissesto”, ma singoli piani (con diverse fonti di finanziamento) che vengono via via negli anni finanziati. La parte finora definita, con liste di progetti concreti e finanziati, vale 4,8 miliardi di euro.
Per quanto riguarda le Regioni, i fabbisogni maggiori si registrano in Campania (4,6 miliardi), seguita da Puglia (2,89 mld) e Sicilia (2,8), e poi Veneto (1,98) e Piemonte (1,49).