Se si trasformassero le attuali detrazioni in credito d’imposta cedibile, come chiede CNA, il risultato sarebbe la copertura del 42,52% dell’investimento che si intende realizzare per la ristrutturazione (invece della detrazione del 50% diluita in 10 anni). Percentuale che arriverebbe a coprire la metà (55,28%) degli investimenti nel caso di una riqualificazione energetica (in sostituzione della detrazione del 65% diluita in dieci anni), considerando al 3,6% il tasso praticato dalle banche per i mutui destinati alla ristrutturazione delle abitazioni. Le famiglie avrebbero così denaro spendibile subito, generando in questo modo in soli due anni, secondo le stime del Centro Studi Cna, una domanda di lavori nel settore delle costruzioni pari a circa 5 miliardi di euro che migliorerebbe sensibilmente il tono economico dell’intero comparto. Insomma, l’associazione parte da presupposto che i benefici e le agevolazioni oggi previsti per la ristrutturazione delle abitazioni o per la riqualificazione energetica degli edifici vadano confermati nella misura attuale. E si spinge oltre, chiedendo appunto che le detrazioni fiscali per tutti i lavori edili, e per tutti i soggetti, siano trasformate in credito d’imposta cedibile dalle famiglie e dalle imprese alle banche. E’ questa la strada maestra per consentire alle famiglie e alle imprese di ottenere liquidità per poter realizzare l’investimento sulla propria abitazione o sull’immobile dell’impresa per il quale si ha diritto all’agevolazione fiscale.
Questa opportunità – che la Legge di Bilancio 2017 riserva solo agli “incapienti” , cioè a coloro che dichiarano redditi entro le soglie della no tax area e solo per i lavori di efficientamento energetico nell’ambito dei condomini – è sicuramente positiva. Restringe eccessivamente, tuttavia, il perimetro degli utilizzatori depotenziando la possibilità di generare una spinta sufficiente ad aumentare la liquidità delle famiglie e di conseguenza la domanda interna.