A pochi giorni dalla scadenza della presentazione delle domande per la regolarizzazione degli stranieri irregolari, prorogata fino al 15 agosto e prevista dal Decreto Rilancio, non c’è stata alcuna invasione di richieste di emersione di rapporti di lavoro.
Anzi. Sul portale del Ministero dell’Interno, alle ore 12 del 31 luglio, le domande risultano essere pari a 159.991, una cifra notevole ma sensibilmente più bassa della stima degli irregolari che risulterebbe pari a 562mila unità, secondo gli ultimi dati resi noti a dicembre 2019 nel XXV Rapporto annuale sulle migrazioni rilasciato da Ismu, la fondazione iniziative e studi sulla multietnicità.
Una cifra, questa, non dissimile da quelle indicate da Caritas eIdos, il Centro studi e ricerche sull’immigrazione e altri autorevoli enti che si occupano di immigrazione. Eppure sono passati ben 8 anni dall’ultima sanatoria avvenuta nel 2012.
Secondo le stime ipotetiche contenute nelle relazioni tecniche del Decreto rilancio si auspicava il raggiungimento di un totale di 220.000 istanze presentate, il che avrebbe potuto portare alle casse dello Stato una entrata di quasi 95 milioni di euro.
La regolarizzazione è uno strumento utile per le famiglie italiane e anche per molti imprenditori per sanare la posizione dello straniero irregolare. In realtà la norma prevede anche l’emersione di tutti i lavoratori, italiani e comunitari compresi. Obiettivo primario, tuttavia, è far emergere gli stranieri che danno una grande mano al welfare delle famiglie italiane e al lavoro agricolo. E’ sufficiente pensare a coloro che prestano i servizi nelle case per le pulizie o l’aiuto per gli anziani non autosufficienti. Non a caso la legge tende a facilitare l’emersione soprattutto dei lavoratori domestici, colf e badanti e i lavoratori agricoli, altro terreno a alta concentrazione di stranieri. I requisiti stabiliti dalla legge sono però piuttosto stringenti ed è proprio fra le fitte maglie delle regole imposte dalla normativa che potrebbe essere rintracciata la difficoltà degli stranieri in possesso dei requisiti previsti dei datori di lavoro italiani nel presentare un maggior numero di domande.
Chi può fare la domanda
Possono fare la domanda di emersione cittadini stranieri irregolari o comunitari occupati nei seguenti settori
- Agricoltura, allevamento, zootecnia
- Lavoratori domestici di sostegno al bisogno familiare
- Assistenza alle persone affette da patologie o handicap che limitano l’autosufficienza
Le due procedure permesse
L’articolo 103 del Decreto Rilancio introduce due forme di regolarizzazione dei lavoratori, italiani e stranieri, impiegati o da impiegare nei settori citati.
- La prima forma prevede che i datori di lavoro possano presentare domanda per assumere cittadini stranieri irregolari presenti nel territorio nazionale o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare preesistente con lavoratori italiani, comunitari o stranieri sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici prima dell’8 marzo 2020, oppure soggiornanti in Italia prima di tale data, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro.
- La seconda consiste nella concessione di un permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, valido solo nel territorio nazionale, agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 che ne fanno richiesta e che risultino presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020. Questi stranieri devono aver svolto attività di lavoro nei settori indicati, prima del 31 ottobre 2019 e sulla base di documentazione riscontrabile dall’INPS. Il permesso temporaneo è convertito in permesso di soggiorno per lavoro se il lavoratore viene assunto.
Una domanda piuttosto articolata
Le domande per l’emersione degli stranieri già lavoratori sono presentate dal datore di lavoro all’INPS, come pure per i lavoratori italiani e comunitari, o allo sportello unico per l’immigrazione presso la Prefettura di competenza, per i cittadini di Paesi terzi. La regolarizzazione si perfeziona con un contributo di 500 euro più gli oneri retributivi, contributivi e fiscali e permette al cittadino straniero di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato nei settori occupazionali previsti dalla norma.
Le domande per il permesso di soggiorno temporaneo sono presentate dal lavoratore straniero direttamente alla questura di competenza territoriale, tramite gli uffici postali previo pagamento di un contributo di 130 euro e dimostrando di essere in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente. Questo tipo di permesso di soggiorno, della durata di 6 mesi consente, a sua volta, a tutti coloro che per il momento sono privi di lavoro, di trovarne uno, ma solo nei settori previsti dalla norma vigente. Inoltre è possibile la successiva conversione del permesso temporaneo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
L’aiuto del Patronato
Un punto di riferimento fondamentale per capire come districarsi fra le vie impervie della legge e delle procedure di regolarizzazione è offerto ai cittadini italiani e stranieri dai servizi di Patronato. Su www.epasa-itaco.it è possibile individuare la sede a sé più vicina e richiedere una consulenza in materia prendendo appuntamento. Tuttavia il Patronato può aiutare gli stranieri anche in molti altri servizi a loro dedicati. A partire di un semplice rinnovo del permesso di soggiorno, alle pratiche connesse alla procedura di ricongiungimento familiare, alla conversione dei permessi, alla consulenza legata ai requisiti previsti ai fini della richiesta della cittadinanza, tutti questi servizi e molto altro lo potete trovare nelle sedi del patronato Epasa-Itaco.