L’Italia conferma i suoi buoni – in alcuni casi ottimi – risultati in molti degli indicatori che misurano le nostre performance di circolarità.
Di contro, gli scarsi risultati di alcuni ambiti strategici (come nel caso dell’eco-innovazione, del consumo di suolo o del settore della riparazione), congiuntamente a un trend non incoraggiante che vede scendere il tasso di circolarità globale, devono far riflettere l’Italia rispetto alle misure necessarie per non perdere i nostri importanti primati in un tema centrale per la transizione ecologica.
Le riflessioni emerse nel corso della Conferenza odierna promossa dal Circular Economy Network avvengono in un momento particolarmente critico: la crisi internazionale scoppiata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha reso evidenti molte debolezze del nostro Paese. In primis la forte dipendenza dal gas russo, ma non solo. Anche la crisi delle materie prime, con i prezzi in forte aumento e, nei casi più critici, difficoltà nei relativi approvvigionamenti, fa emergere il ruolo strategico che l’economia circolare può avere per ridurre la nostra dipendenza dalle materie prime, in particolare da quelle “critiche”. Insomma, come le fonti rinnovabili sono un tassello importante per rispondere alla crisi energetica, l’economia circolare è una risposta altrettanto strategica alla crisi dei materiali.
Nel corso dell’evento, la responsabile del dipartimento Politiche ambientali di CNA, Barbara Gatto, ha evidenziato la necessità di intervenire proprio in tale ottica, favorendo la diffusione di una consapevolezza trasversale a tutto il sistema delle imprese italiane, anche quelle micro e piccole.
Infatti, mentre sul fronte dell’energia c’è ormai una convinzione totale della strategicità di favorire azioni di miglioramento dei propri consumi energetici e di autoproduzione anche per le imprese – ha sottolineato Barbara Gatto – non emerge altrettanta consapevolezza circa la strategicità di adottare modelli di circolarità.
A oggi, circa una impresa su tre si è già attivata in tal senso, ma le complicazioni rimangono ancora troppe: dalla burocrazia alla difficoltà di gestire un quadro normativo complesso se non incoerente, dal gap formativo alla scarsità di competenze anche esterne all’impresa. Ma anche i benefici sono poco percepiti, a eccezione degli evidenti vantaggi in termini di riduzione dei costi aziendali per chi ha adottato modelli circolari.
Cosa fare allora per superare queste barriere ed assicurarsi che, nel mondo delle Pmi, l’economia circolare non rimanga un lusso per pochi? Va favorita la creazione – propone Barbara Gatto – anche attraverso le Associazioni di categoria, di una rete di competenze a disposizione delle piccole imprese per guidarle nei loro percorsi di economia circolare; si devono introdurre leve economiche e fiscali per sostenere gli investimenti in circolarità; va ridotta la burocrazia ed eliminate le barriere normative che oggi ostacolano la riconversione in chiave circolare delle imprese; bisogna favorire, secondo il principio della simbiosi industriale, forme di partnership lungo le filiere produttive per la valorizzazione di materie e prodotti recuperati.
Leggi qui l’intervista di Barbara Gatto a RiciclaNews