A pochi giorni dalla conclusione della consultazione pubblica sul Piano nazionale integrato su energia e clima 2030, che ha fissato obiettivi e misure per la politica energetica nazionale in vista del contenimento del rischio climatico, il Gse (Gestore dei servizi energetici) scatta la fotografia di un Paese avviato sulla strada della de-carbonizzazione.
Il Rapporto delle attività 2018 giunge infatti in un momento molto importante, in cui si definiscono le strategie energetiche dell’Italia per i prossimi anni e gli sforzi “di sistema” da affrontare per abbandonare definitivamente le fonti fossili entro il 2025. Un obiettivo ambizioso per la seconda manifattura d’Europa, che vede nella sostenibilità un cambio di modello produttivo utile a rilanciarne la competitività.
Il dato che emerge con evidenza è quello di un Paese che ha fatto molta strada nella promozione delle energie rinnovabili. Le Fer (Fonti energetiche rinnovabili) coprono il 18,1% dei consumi energetici nazionali, consentendo all’Italia di raggiungere in anticipo il target 2020 a differenza di altri Stati europei come Francia e Germania. D’altro canto, il Rapporto rileva che da cinque anni a questa parte la crescita delle rinnovabili nel nostro Paese si è fermata: un dato preoccupante soprattutto in vista dei nuovi obiettivi posti dal governo nel Piano nazionale energia e clima per la transizione verso l’energia pulita.
Le criticità in merito sono note. Da una parte, il finanziamento delle politiche di sostegno al settore, che grava su imprese e cittadini attraverso le componenti che presiedono alla bolletta energetica più cara d’Europa. Il costo dell’energia per le Pmi italiane ha subito negli anni un incremento proporzionale all’aumento dell’incentivazione delle Fer, alla cui contribuzione le piccole imprese italiane partecipano in massima parte (circa sei miliardi del totale). Un onere troppo elevato che ha portato, di fatto, al rallentamento delle incentivazioni.
Dall’altra, la necessità di riavviare il mercato attraverso misure di stimolo in grado di orientare gli investimenti di imprese e cittadini su quei settori che possono avere ulteriori margini di sviluppo: residenziale, terziario, trasporti. A oggi, il Gse ha gestito complessivamente 15,4 miliardi di euro, distribuiti in diverse misure di promozione e sostegno per le rinnovabili elettriche e termiche e per l’efficienza energetica, che hanno stimolato 2,6 miliardi di investimenti privati e favorito l’occupazione di circa 45mila soggetti senza tuttavia consentire la strutturazione di filiere nazionali. Entro il 2030 gli sforzi devono essere triplicati per colmare il gap che ci separa dall’obiettivo del 55% di Fer nel mix energetico, senza aggravare ulteriormente i costi a carico della collettività e, nel contempo, consentendo l’affermazione di una filiera completamente italiana delle rinnovabili.
La promozione delle rinnovabili deve poter contare sull’apporto importante che le Pmi possono dare per raggiungere gli obiettivi di de-carbonizzazione dell’Italia, in particolare rispetto con la crescita dell’autoconsumo e la diffusione dell’efficientamento energetico del settore residenziale e del terziario. Il loro ruolo dev’essere valorizzato attraverso misure specifiche, tagliate sulla realtà di imprese che rappresentano la quasi totalità del tessuto economico nazionale e che hanno un forte radicamento territoriale.
In tale ottica, sarà fondamentale il ruolo che il Gse si è proposto di ricoprire nel proprio rapporto di interlocuzione con gli stakeholder: una veste rinnovata che lo vede agire secondo un modello di sostegno e collaborazione, affiancando imprese e cittadini nelle loro decisioni di investimento su rinnovabili ed efficienza energetica, anche strutturando in maniera stabile la propria presenza sui territori.